domenica 12 gennaio 2014

#1: City of Blinding Lights

Muovo rapidamente le dita lungo le corde, sono estasi...
...Io e il mio basso...
...Io e la mia fatica...
...Io e la mia musica... 
Il Silt è poco più di un lurido buco nella zona nord di Foghost ma almeno lì posso suonare come mi pare; niente schifezze synt da lobotomizzati dei Livelli Alti della Città, tutta la mia musica è frutto del mio sudore. 
Siamo rimasti ormai davvero in pochi a suonare all'antica; ai Cittadini, le persone “perbene” che vivono nelle zone più agiate della Città, sembrano interessare poco cose come qualità della musica, poesia del testo o roba del genere. Gli basta quella tranquilla merda preconfezionata dalle major del settore con cui passare quelle due orette di una cena o una scopata. 
Sbagliano? A dire il vero non saprei dirlo. Non li capisco molto.
In realtà non capisco quasi niente della Città.
Foghost...
Che razza di nome o meglio, di nomignolo; questa città non ha un nome, è la Città e basta. So che non è molto originale ma, del resto, nulla qui lo è, credo che dopo migliaia di anni l'originalità sia una delle prime cose che muoiono.
Passano le due ore che io e il gruppo, i Lonely Hearts Club Band, abbiamo a disposizione sul palco e stacchiamo. Saluto i ragazzi, sono vecchi amici, un paio hanno avuto problemi con i Censori ma, in fondo, sono brava gente o per lo meno lo sono secondo i miei standard. Inoltre, da queste parti, se sei in certi giri è inevitabile attirarsi addosso gli sguardi delle forze dell'ordine. 
Dopo il tanfo e il fumo all'interno del locale un po' di fredda e umida aria notturna è quasi un toccasana, inquinamento a parte. Fuori dal Silt c'è il solito gruppo di gente stralunata che orbita intorno a questo posto... neo-primitivisti, anarco-insurrezionalisti, ARNisti di infima specie, cyberpunk che mettono in bella mostra i tecnotatuaggi di una delle Dodici Tribù, zeloti di qualche teleculto della Omni e tutto quel substrato di fauna sociale che gli onesti Cittadini dei quartieri altri potrebbero classificare come feccia. 
Lì in mezzo ci sono persone le uniche persone che riesco a chiamare amici.
Li saluto velocemente, mi accendo una sigaretta e col mio strumento a tracolla mi dirigo verso la fermata della metropolitana. Le scale mobili, tanto per cambiare, non funzionano, quindi salgo in fretta i gradini che portano al dock sopraelevato e mi siedo sulla ringhiera mentre aspetto il mio treno.
Davvero non è una bella zona questa; mio nonno mi diceva che quella zona del Settore Nord, prima della Grande Depressione, era abitato dalla media borghesia che lavorava nell'indotto delle industrie pesanti, poi le fabbriche hanno iniziato a chiudere per essere delocalizzate in altri settori e tutta l'aera era andato a farsi benedire, trasformandosi in una zona per poveracci e devianti. 
Credo sia meglio ora rispetto ai tempi del nonno.
Alzo la testa e sopra di me, tra le guglie di plastacciaio, intravedo il solito cielo nero minacciante pioggia. Chissà, forse riuscirò a tornare a casa senza inzupparmi. Forse no. O forse in realtà non mi interessa un granché. Sono mesi che tutte le sere guardo il cielo e mi chiedo che cosa ci sia oltre quelle spesse nubi oleose. Dicono che sono sciocchezze. I miei vecchi mi ripetono ossessivamente che sarebbe ora che la smettessi di farmi delle domande così stupide e mi cercassi un lavoro onesto, mettessi su famiglia, mi tagliassi i capelli e bla bla bla. La solita merda, probabilmente sono secoli che queste frasi vengono ripetute. Una specie di rituale antropologico di qualche tipo.
Però c'è qualcosa dentro di me, qualcosa che mi fa sentire come se fossi nel posto sbagliato.
Arriva il treno nell'altra corsia. Si dirige verso il confine distrettuale del Settore Nord, a cinquanta chilometri dal dock in cui mi trovo, il famigerato Limite Nord. Va verso la Nebbia.
A volte invidio quelli che abitano presso i Limiti, case, palazzi e arcologie quasi avvolte dal freddo abbraccio di quelle nebbie eterne che, come una cintura, ci celano quello che c'è oltre i confini cittadini...
Già, cosa nasconde la Nebbia? 
La risposta più comune, cioè quella del governo e dei suoi mastini, è che è irrilevante. La Città ha già abbastanza problemi dentro e non occorre pensare a quello che c'è fuori. Quei bastardi non è che abbiano torto del tutto, Foghost non è un paradiso, semmai un purgatorio che lentamente e inesorabilmente  sta scivolando verso l'inferno, questa è una descrizione più realistica della situazione.
Poi ci sono altre risposte, risposte che contemplano i Fantasmi, le creature che abitano nella Nebbia. Nessun Cittadino crede realmente a queste cose, almeno non pubblicamente e vengono generalmente classificate come leggende urbane. Sono cose a cui un Cittadino rispettoso della legge non deve pensare. 
Ma J. ci credeva.
No, J. non era proprio un cittadino modello. Un giorno i Censori decisero che era meglio fare due chiacchiere  riguardo alcuni scontri armati avvenuti nei livelli più bassi di Acciaiocity e se lo presero purtroppo la stazione di polizia dove si trovava per l'interrogatorio è esplosa a causa di un attentato attribuito a qualche gruppo anarcoide. Che coincidenza...
Io e J. volevamo sposarci, ci credereste?
Be', sinceramente all'epoca le storie di J. mi sembravano poco chiare e più dovute all'effetto di qualche droga preparata male. Ho sempre pensato di essere razionale, frutto di una società moderna e tecnologica, J. Invece mi diceva sempre che se suonavo un vecchio basso elettrico voleva dire che ero sensibile, avevo capacità di astrazione e improvvisazione. Quindi, in definitiva, non ero così razionale come mi piaceva credere.
Sagome scure di persone che dimorano nella Nebbia e che sanno quello che c'è oltre. Oltre.
Suona comunque davvero poco realistico. Se davvero esistesse qualcosa laggiù  dovrebbero esserci strutture di qualche tipo, utensili pseudo-tecnologici o quanto meno un cazzo di forno a microonde per scaldare il cibo. 
Un mio amico hacker mi ha assicurato che la griglia energetica della Città non esce dai confini dei Limiti. Quindi nella Nebbia non c'è energia, il che equivale a dire che non c'è niente di tecnologicamente rilevante oltre i fottuti Limiti. Si deve per forza trattare di una leggenda urbana, ma J. ci credeva.
J. diceva di averli visti.
Sinceramente ora nemmeno mi ricordo tutto quello che mi disse quella volta, si trattava di un'esperienza che aveva vissuto diversi anni prima, finito il primo ciclo d'istruzione, prima della preparazione per entrare a lavorare in qualche fabbrica di Acciaiocity. Credo avesse tra i dieci e gli undici anni. Una sera, ubriaco e strafatto di droga, fece una scommessa con dei suoi vecchi compagni, si diresse al Limite Est e si inoltrò nella Nebbia. Aveva scommesso che i Fantasmi non esistevano, la perse quella scommessa. 
Mi raccontò che era talmente fuori da essersi smarrito quasi immediatamente, quando riuscì a tornare un po' più in sé c'era solo uno spesso muro di fredda nebbia biancastra che lo avvolgeva. Nessun segno di riferimento. Stava quasi per cedere al panico quando una sagoma scura, dalla vaghe fattezze umanoidi gli comparve davanti. Era un Fantasma, ne era certo. La creatura gli fece segno di rimanere in silenzio e gli toccò la fronte.
J. non credo mi disse mai con precisione cosa accadde dopo, solo che si ritrovò di nuovo dentro in confini del Limite.
Ma da quel momento quelle creature divennero un'ossessione. Nel corso degli anni iniziò a perdere un lavoro dietro l'altro, incominciò a frequentare gente strana – davvero strana – anche per gli standard dei bassi livelli cittadini. Poi iniziarono i guai con la legge, coi Censori e il resto è storia.
Era folle? Non più di me o della media della popolazione di Foghost. Quello che aveva vissuto era qualcosa di vero o il frutto d un trip andato male? Ci sono sul serio i Fantasmi nella Nebbia? Perché?
Inutile pensarci ora, meglio andare a casa. Ecco, sta arrivando il treno.

Ma perché mai devo soffrire di insonnia?
Sono tre notti che non riesco a prendere sonno, maledizione. In queste condizioni presentarmi in quella gabbia di matti che è il Silt sarebbe un suicidio. Inutile guardare un po' di Omni, alle tre standard del mattino c'è ben poca speranza di trovare qualcosa di anche solo vagamente interessante; non che di solito ci sia, a parte qualche sensodramma vecchio di uno o due millenni. E non in senso metaforico... L'unica alternativa sarebbe il canale delle news, ma anche lì non c'è molta speranza di scovare qualcosa che superi il filtro della censura; avrei trovato la solita pletora di processi pubblici dei Censori, gli augusti discorsi dei Senatori, qualche nuovo trionfo di un Logos più o meno conosciuto, attentati, stupri e omicidi. La solita merda che costituisce la vita della Città! 
Se non fosse incassata nella struttura della parete probabilmente avrei gettato la Omni giù dalla finestra, un volo di quattrocentocinquanta metri sarebbe stata sicuramente una cosa divertente da osservare. Ma probabilmente avrebbe ammazzato qualcuno di sotto, non che la Polizia o i Censori si curassero della gente che abitava, come me, nello Sprawl, ma per qualche ragione mi sento il loro fiato rancido sul collo e non mi va dargli la scusa per venirmi a prendere.
È questa la cosa snervante.
Già era problematico arrivare all'alba ma, ad aumentare la mia quantità di stress, ci si stava mettendo anche il ticchettio della pioggia sulle sottili pareti del mio cubicolo abitativo. Al diavolo, abitare troppo in basso era un maledetto problema, la condensa dell'umidità degli strati cittadini superiori finiva per scaricarsi giornalmente quaggiù. Pioveva sempre, ogni maledetta notte, per almeno quattro o cinque stramaledettissime ore. Ma con lo stipendio da fame che mi passano al Silt era già una fortuna che riuscissi a permettermi questo cubicolo nello Sprawl piuttosto che un cubo-bara in qualche stazione della metropolitana. Comunque era sempre meglio che finire nel Sotto Sprawl. Laggiù sono davvero troppo fuori di cervello, anche per i miei standard. È un territorio completamente anarchico, con regole completamente sue, lontane mille miglia dalla società borghese dei Livelli Alti o anche dalle leggi non scritte dello Sprawl. Da quello che ho sentito nessun Logos controlla quella zona, tutto quello che hanno sono vecchie proto-IA per il controllo dell'energia, delle fogne e dei distributori di lieviti alimentari.
J. ci bazzicava ogni tanto. Idiota! Se frequenti posti del genere è ovvio che te la vai a cercare.
Me la prendo con J. quando so che, alla fin fine, il problema sono io. Ha fatto quello in cui credeva, o per lo meno ha provato a farlo. Forse si era lasciato coinvolgere troppo dalle teorie complottiste dei suoi compagni. Be' la Città era una finta democrazia, questo è vero; il Senato non era altro che un fantoccio controllato dalla LogoSfera, l'unione di tutti i Logos che operavano nella Città, ma tutti mangiavano, tutti avevano la loro quota di droghe ricreative, accesso ai sensoprogrammi ludici o pornografici e tutti avevano almeno un cubo-bara da poter chiamare casa.
J. diceva che il problema stava proprio qui. Quando le necessità primarie sono soddisfatte perché mai uno dovrebbe chiedere di più o aspirare a qualcosa di diverso? Era il cosiddetto "Dogma della Pecora" di Sp33d.Jo3. Gli esseri umani sono come un branco di pecore, garantisci una quota sufficiente di cibo e comodità e non chiederà nulla di più, anche se il loro pastore è una folle macellaio. Aveva ragione?
In trent'anni di vita mi è sembrato che poche persone agissero in modo da confutare quella teoria di Sp33d.Jo3. Tutte persone che nel giro di dieci anni standard finivano nelle mani dei Censori, processati e neuro riformati, in modo da conformarsi allo standard civile.
Ne ho le palle piene di questa vita standardizzata...
Mi infilo i primi vestiti che mi passano sotto mano ed esco. Piove a dirotto stasera, ma me ne sbatto altamente. 
C'è ancora molta gente per le strade; sballati all'ultimo stadio e anche un predicatore. Assurdo che in questa società ci sia qualcuno che ha bisogno di credere a un essere mistico superiore, che non sia la LogoSfera. Sono relitti di un passato oscuro che per un po' invidio; loro hanno fede in qualcosa, hanno una speranza che li fa andare avanti. Io non ho nulla. 
Continuo a camminare.
Incrocio una paio di sbirri che si dirigono in un vicolo male illuminato, stanno trascinando un ragazzo, avrà più o meno dieci anni standard. Dai tatuaggi sulla faccia appartiene alla banda dei NeoCortoCircuitati, il peggio della zona.
Dovrei imparare a farmi i fatti miei. Ma non ci riesco.
Mi appiattisco contro il muro e sbircio; lo stanno prendendo a manganellate su gomiti e ginocchia, quelle maledette anime nere sbraitano qualcosa che non riesco a capire. Sono così presi che non si sono nemmeno accorti che il moccioso è già svenuto da un pezzo. J. avrebbe raccolto la prima cosa che gli passava sottomano da poter usare come arma e sarebbe corso verso i due sbirri.
Io non sono J. Non sono così idiota.
Allora perché ho raccolto quella spranga di ferro?!
Cazzo...

Spezzo la trauma-card dei due sbirri; ho dai tre ai cinque minuti per evaporarmi da quel vicolo prima che arrivi il veicolo della TraumaCorp per prestare assistenza medica. Mi carico il moccioso in spalla, fortunatamente è talmente denutrito da pesare pochissimo e riesco a muovermi senza perdere troppa velocità.
Adesso però dove cazzo vado? Quelle anime nere degli sbirri non le ho ammazzare e questo potrebbe essere stato un errore; maledetti scrupoli morali! Giusto il tempo che una pattuglia della polizia raggiunga l'autoambulanza della TC e scaricheranno la mia faccia dalla cam installata nella retina degli agenti. Diamogli trenta secondi per un controllo incrociato nel database, il comunicare la cosa alla Camera della Sicurezza e mi ritroverò i loro segugi alle calcagna.
Devo sparire.
Ho appena detto OK al /format c: della mia vita.
Una vecchia stazione dismessa della metropolitana suburbana dello Sprawl. Controllo bene le pareti e vedo glifi fluorescenti dei NeoCortoCircuitati. Tsk... sono una tribù di anarco-insurrezionalisti di terza categoria ma gli ho salvato uno di loro e quella feccia ora ha un debito con me; meglio approfittare e riscuotere all'istante. Entro nella vecchia stazione e subito due brutti ceffi da sensodramma di serie B mi puntano contro le pistole, gli spiego tutto con poche parole e uno dei due mi guarda facendo un ghigno strano, forse un sorriso: - Bella cazzata hai fatto, ma sembra che la Fratellanza sia in debito con te.-  
Grazie, lo so anch'io che ho fatto una cazzata, inutile ricordarmelo, ma almeno sembra che questi due trogloditi non mi ammazzeranno e non venderanno pezzi del mio corpo al mercato nero, per ora. Praticamente il risultato migliore della giornata.
I NeoCortoCircuitati sono più efficienti di quello danno a vedere. Tempo cinque minuti e la dozzina di membri della banda che si trovano nella stazione a bivaccare hanno in mano la loro roba e piazzato tre cariche d'esplosivo sagomato alla fine delle scale e nei pilastri portanti, roba da guerriglia seria. Gli sbirri non troveranno niente qui se non dolore e morte.
Mi fanno cenno di seguirli e ci inoltriamo lungo un vecchia linea dismessa della metropolitana e poi giù, attraverso scale e tombini, nel Sotto Sprawl. Devo capire se le cose sono migliorate o meno.
Nelle macerie di quello che doveva essere un vecchio locale di realtà virtuale di infimo grado, vecchio di almeno un millennio, incontro un gigante di colore che, dai tatuaggi, potrebbe essere uno dei leader della banda.
«I ragazzi mi hanno detto che hai salvato uno dei nostri dagli sbirri, per questo ora i Censori dovrebbero essere sulle tue tracce; teoricamente siamo in debito con te, ma la Camera di Sicurezza ha posto una taglia interessante su di te.»
A questa sua affermazione sollevo un sopracciglio, perché mai i Censori sono intervenuti e perché avrebbero messo un taglia sulla mia testa?
L'uomo che ho di fronte non dà peso alla mia reazione e continua: «Dammi una buona ragione per cui dovremmo aiutarti invece che consegnarti a Quelli che Abitano di Sopra o farti fuori. E non hai molto per convincermi... 
Devo giocare d'azzardo. Gli dico il mio nome e in che rapporti ero con J. Il tizio si gratta il mento e poi mi guarda un po' pensieroso: «Ora tu hai diritto a chiedere qualcosa in cambio alla Fratellanza. Hai salvato uno di noi e quindi abbiamo un debito nei tuoi confronti. Dobbiamo saldarlo,  per rispetto a J. Chiedi pure.» 
È la mia occasione: «Voglio andare alla Nebbia.»
Ci metto un po' a realizzare che cosa ho detto. Tutti mi guardano sgranando gli occhi, l'uomo con cui ho parlato ha ci pensa un attimo, poi sorride: «Non mi aspettavo una scelta diversa da te. Tu, come noi, hai conosciuto J., le cose che ha detto, il suo messaggio, non è stato dimenticato. Quelli che Abitano di Sopra temono la Nebbia e Quelli che Abitano nella Nebbia. Ma J. ci aveva detto che se gli fosse accaduto qualcosa prima o poi qualcuno avrebbe raccolto il suo testimone.»
Si avvicina e mi mette una mano sulla spalla; era alto più di due metri e trenta per duecento chili di muscoli e cyberware a basso costo, ma i suoi occhi erano lucidi per l'emozione.
«Mi chiamo Murubutu, guido questa cellula della Fratellanza; ti scorteremo attraverso le antiche linee dismesse della metropolitana fino al Primo Limite, ci vorranno un paio di giorni a piedi ma cercheremo di portarti fuori il prima possibile. Sarai scortata fino alla vista di un'antica strada al Livello Zero, il livello del suolo, da lì in poi dovrai proseguire con le tue forze. Imboccala, va dritta, segui il Sentiero della Nebbia.»
Gli faccio notare che i Censori si sarebbero rifatti su di loro e non ci sarebbero andati leggeri. L'uomo scrolla le spalle e sorride: «Il Sotto Sprawl non è il loro territorio, qui non hanno accesso alla loro fottuta LogoSfera, non hanno nessuno che gli copre le spalle. Qui dimorano le bestie feroci... e hanno sempre fame. Ti daremo il tempo necessario ma alla fine, quando ti avremo lasciato starà solo a te trovare la forza di proseguire il cammino.»
Sputo per terra e riesco a recuperare una sigaretta, l'accendo e guardo i NeoCortoCircuitati che sono lì attorno: «Bene! Allora muoviamo il culo o stiamo aspettando che quelle merde ci vengano a invitare per il tè?» La mia voce più ferma di quel che avrei potuto immaginare. 

Livello Zero. Il livello del suolo.
Dopo due giorni nel Sotto Sprawl, con alcuni NeoCortoCircuitati, alla fine abbiamo raggiunto il Primo Limite Est, il vecchio Limite cittadino orientale, inglobato dalla Città da due, forse tre millenni. Qui i ragazzi mi hanno dato una cosa che chiamano mojo; un sacchetto fatto con le fibre di una pianta che coltiva la gente del Sotto Sprawl, un portafortuna, dicono. Oltre a quello mi hanno lasciato delle razioni di cibo e pillole idratanti per una settimana, più qualche sigaretta; di più non potevano fare. Avevano già fatto fin troppo. Nella migliore delle ipotesi i Censori e la polizia li avrebbero ammazzati tutti, nella peggiore sarebbero stati neuro riformati e diventati dei bravi Cittadini. Speravo nella prima ipotesi, la seconda eventualità non se la meritavano proprio.
Dal Limite  me la devo sbrigare per conto mio. durante il viaggio i ragazzi mi avevano insegnato alcuni dei loro codici di comunicazione tramite glifo, in questo modo non avrei smarrito la strada visto che, con mia sorpresa, avevano mappato quelle zone per conto di J.. Mi assicurarono che raggiunto il livello del terreno sarebbe stato molto semplice proseguire; non c'era nulla nella zona se non qualche vecchio capannone o dei silo immersi nelle rovine urbane. La strada, che chiamavano il Sentiero della Nebbia, era dritta come un fuso e si perdeva nella Nebbia; se era lì che volevo andare non dovevo fa altro che seguirla. La cosa strana era che era una zona incredibilmente poco sorvegliata dai Logos addetti alla sicurezza...
Eccomi qui, sulla strada. La sto seguendo ormai da qualche ora e man mano che proseguo vedo all'orizzonte le prime propaggini della Nebbia avvicinarsi, sempre più reale. Qualche ora camminando di buon passo e ci finirò dentro.
«Ehi tu! Se continui in quella direzione finisci nella Nebbia. Non sei un po' troppo giovane per suicidarti?
Mi giro di scatto nella direzione della voce ed estraggo una delle pistole a dardi che i ragazzi mi hanno lasciato.»
Lo spettacolo è grottesco. Alla mia sinistra, c'è quello che sembra essere un vecchio sfascia carrozze, uscito direttamente da qualche vecchio programma della Omni. C'è una ronzante insegna al neon morente che lampeggia, cadaveri di macchine arrugginite, barili di vari liquami industriali e apparecchiature laser per il taglio delle lamiere; ma il peggio è il vecchio seduto su una sedia a dondolo, vestito con una lurida salopette di jeans da cui fuoriesce una camicia a quadroni che ha visto tempi migliori, che mi fissa da sotto un cappellino con visiera. Sorride.
«Chi saresti?» Gli faccio proprio una domanda idiota.
«Oh oh oh!» Sghignazza il vecchio. «Non preoccuparti del mio nome, da 'ste parti non usiamo queste formalità da Cittadini, se vuoi chiamarmi in qualche maniera va benissimo anche Junkie. Allora, che cosa ci fai da 'ste parti?»
«Tsk… che razza di nome. Cosa faccio da queste parti non credo che debba interessarti. Dammi piuttosto un buon motivo per non spararti.»
«Accidenti quanta grinta. Vuoi spararmi? Fallo pure. Sono vecchio e ho raggiunto quell'età in cui la morte non ti spaventa più. Sarebbe un omicidio sicuro ma chi mai se ne accorgerebbe da queste parti? Se ci tieni tanto, fallo. Male che ti vada dovrai solo renderne conto alla tua coscienza.»
Il vecchio sorride. Ha ragione, se gli sparo chi mai lo saprebbe? Non peggiorerebbe di certo la mia situazione ma, sinceramente, non mi farebbe stare meglio. Non sono né uno sbirro né un Censore, non ammazzo la gente a sangue freddo.
Abbasso la pistola.
«Abiti un po' lontano dalle zone civilizzate della Città, come mai, vecchio?»
«Che ti devo dire, la Città non mi ama molto. Poi dopo che hanno ammazzato mio figlio, be', non mi andava proprio di continuare a viverci. Senatori, Censori e la LogoSfera non sono cose che fanno per me. Magari ti sembrerà che non abbia niente, ma ho la mia libertà. Cosa che di questi tempi non è da disprezzare.-
«Non c'è nessun controllo qui?»
«Solo qualche vecchia Intelligenza Artificiale di sicurezza mezza scassata e molto facile da tenere sotto controllo. Ogni tanto qualche Censore viene a controllare se respiro ancora ma qui non posso fare troppi danni, per cui, alla fin fine, la Città preferisce far finta che non esista e a me sta bene così. Ma tu piuttosto, vuoi dirmi che ci fai in questo luogo dimenticato dai Logos?»
«Vado a vedere quel che si nasconde nella Nebbia.»
«Uh uh uh! Accidenti o devi avere qualche bug nel cervello a causa di qualche droga sintetizzata male o hai pestato i piedi a qualcuno di veramente importante; non si spiega altrimenti questo tuo desiderio di morire.»
«È vero che ho i Censori alle calcagna, ma per quello forse mi basterebbe sparire nel Sotto Sprawl, qualche anno di sopravvivenza dovrei riuscire a garantirmelo. No, il motivo è un altro. Devo vedere quello che ha visto Johnny, era il mio ragazzo, e l'hanno ammazzato perché aveva visto qualcosa, aveva avuto un contatto con i Fantasmi!» Mi rendo conto che sto piangendo mentre dico queste parole.
Il vecchio mi sorrise: «Capisco, quindi sei la sua ragazza. Ecco che si spiegato il mistero!» Si alza e mi si avvicina, ha le mani fredde come un pezzo di metallo ma stringe le mie con fare paterno.
«Quindi tu sei Magdalene, è un piacere conoscerti. Johnny è venuto a trovarmi diverse volte prima che i Censori se lo prendessero, sapeva che i suoi giorni erano agli sgoccioli ma era certo che tu avresti seguito le sue orme, un giorno. Eccoti qui. Se sei davvero pronta ti lascio andare ma, prima, devo darti una cosa da parte sua.»
Quel vecchio conosceva Johnny? J. non me ne aveva mai parlato ma penso non sia l'unica cosa che mi ha taciuto: «Sì, mi sento pronta. Abbastanza, credo. Non sono forte come lui e probabilmente morirò, laggiù nella Nebbia. Ma voglio capire quello che lui ha visto!» Singhiozzo mentre parlo.
Il vecchio si fruga nella tasca e tira fuori un anellino, un semplice anello d'oro: «Era un'antica usanza quella di donare un anello d'oro alla propria moglie. Johnny ha rubato quest'oro grammo dopo grammo. Quel bastardello ti amava davvero.»
Abbraccio il vecchio mentre piango; le lacrime sembrano cauterizzare vecchie ferite, ferite che mi porto da quando J. se n'era andato. Forse ora sono davvero pronta per questo viaggio, per lasciare questo mondo...

Con lentezza calcolata la volante dei Censori atterra nello spiazzo antistante il vecchio sfascia carrozze. Un uomo, vestito con un sobrio abito grigio, ne esce fuori; sulle mani e buona parte del cranio porta ancora i segni delle lozioni di nano macchine che stanno riparando ai danni da fuoco che hanno devastato il suo corpo un paio di giorni prima. Danno da cariche esplosive sagomate.
«Gautama! Esci fuori, so che sei qui!»
Asciugandosi le mani con uno straccio il vecchio esce dalla penombra dell'officina.
«Accidenti, che onore! È proprio il famoso Censore quello che è venuto fin qui?! L'agente Trent! A che debbo questa inaspettata visita?»
Afferrandolo il vecchio per la camicia Trent lo sollevò da terra: «Non prendermi per il culo, Gautama! Anche se la LogoSfera ti ha punito scacciandoti e riducendo la tua capacità di calcolo, tu non sei un umano. Atteggiandoti in questa maniera getti fango su ciò che eri!»
«Gettare fango su ciò che ero? Non ero nient'altro che un ammasso di silicio e neuroni potenziati, rinchiusi in un cubo di ultracciaio sepolto nelle profondità di una zona di scudo geologico di questo pianeta. Ecco che cos'ero. Ho deciso di essere libero, non considero questo mio destino una punizione.»
«Dimmi dov'è la donna!»
«Oltre il braccio dei Censori e dei loro padroni. Anche questa volta sei arrivato tardi, come con Johnny. Ora lei è della Nebbia.»
Trent gettò il vecchio a terra: «Sfortunatamente ci siamo accorti troppo tardi che il Cittadino Johnny aveva infettato la sua compagna con un retrovirus mnemo-comportamentale. Se non fosse stato per quell'esplosione che ha distrutto la centrale di polizia dov'era prigioniero avremmo risolto questa minaccia già da tempo.»
«Già ma non ce l'avete fatta. I Logos hanno sempre sottovalutato le capacità degli  Xenomorfi; sai credo proprio che quei ragazzi stiano portando avanti un piano e sembrano piuttosto arrabbiati. Comprensibile, considerando il tradimento dei Logos.»
«Non c'è stato nessun tradimento!» Urlò il Censore. «La Visione degli Xenomorfi era differente dalla Visione dei Logos; solo una poteva costituire la Realtà. Gli Xenomorfi sono stati sconfitti dalla superiore capacità di calcolo della Logosfera più di seimila anni fa. La Città è la prova, indiscutibile, che la Visione dei Logos era giusta. Noi dominiamo questa Realtà!»
Trent lasciò cadere il vecchio a terra per poi dirigersi, stizzito, verso la volante: «Se quella donna dovesse mai tornare indietro, dille che la braccherò e la schiaccerò. Nessuna deviazione dalla Visione è tollerata. Per ora è tutto Gautama.»
«Tutto?» Mormorò il vecchio rialzandosi e scuotendosi la polvere di dosso, osservando l'aviomobile dell'agente allontanarsi. «Oh no, questo non è niente, amico mio. Proprio niente.» Il ghigno che Gautama aveva sul volto sembra non promettere niente di buono.

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