martedì 11 febbraio 2014

#3 - Judith

Esplosioni e raffiche di proiettili, questo era il suono predominante, insieme ai gemiti dei feriti.
Ma per Trent, censore al servizio della Città navigare nella coltre di dati tattici che lo aggiornavano in tempo reale dello stato d'avanzamento dell'operazione e sparare era  qualcosa di naturale come il respirare. Non si trattava solamente dell'addestramento che aveva ricevuto - che era il migliore disponibile nella Città - o del cyberware di prima categoria innestato nel suo corpo; il suo era puro e semplice talento naturale. Era come se fosse stato interfacciato con la rete fin dalla sua nascita; quasi più macchina che essere umano. 
I Logos e il Servizio di Sorveglianza della Camera di Sicurezza della Città l'avevano sempre tenuto d'occhio, fin da quando era stato programmato il suo concepimento nelle vasche di riproduzione del Distretto Centrale. Non appena era entrato nella polizia cittadina era stato immediatamente trasferito all'Ufficio dei Censori per iniziare l'addestramento che lo avrebbe reso uno dei sempre vigili guardiani della Città. I più erano tutt'ora convinti che fosse la punta di diamante del corpo censorio, il suo fiore all'occhiello, altri invece iniziavano a sussurrare che, forse, la parabola della sua carriera era giunta alla fase del declino.
Trent sapeva bene  che era lecito aspettarsi un comportamento del genere in un ambiente come quello, essere un censore era come essere un pesce predatore costretto a condividere una piscina molto piccola con una moltitudine di suoi simili. Ognuno era pronto ad azzannare a morte chiunque commettesse anche il più piccolo errore pur di aumentare di grado, raggiungendo quindi anche una miglior posizione sociale. Essere un agente della Camera di Sicurezza significava appartenere ad una delle élite della Città e non per niente ogni anno erano centinaia gli aspiranti agenti che facevano domanda per essere ammessi al corpo censorio; peccato che tutti loro ignorassero  che erano i Logos a decidere chi ammettere e chi no.
Del resto l'immortalità non poteva essere donata a cuor leggero.
Trent non dava molto peso alle chiacchiere su di lui. In fin dei conti poteva ritenersi soddisfatto del suo operato; era un ufficiale censore da oltre ottant'anni ed era un agente della Camera di Sicurezza da oltre il doppio di quegli anni. La sua stessa longevità era la prova delle sue capacità e della sua efficienza. Così come il tipo di incarichi che gli affidavano.
Certo ultimamente percepiva un lieve disappunto da parte dei suoi superiori ma il suo curriculum era esemplare. A eccezione di due sbavature...
Pochi anni standard prima, c'era stata l'indagine su John Revelator, detto J., una specie di rivoluzionario di seconda categoria che però era tenuto osservato strettamente dai principali Logos del Direttorio della LogoSfera. L'indagine era stata un fiasco, il ragazzo era stato catturato ma era morto prima che fosse riuscito a tirargli fuori qualcosa di utile. Poche settimane fa un'altra grana, la compagna di John, Magdalene,  aveva pensato di andarsi a fare un giro nella Nebbia dopo che tutta la feccia del Sotto Sprawl aveva deciso di dare di matto, iniziando a distruggere i livelli cittadini inferiori.
Era stato un mese molto faticoso anche per gli standard di Trent. In ogni istante orde di punk, probabilmente biomodificati da qualche ARNista completamente schizzato, potevano sciamare improvvisamente dal sottosuolo, per distruggere qualunque cosa potesse capitare loro a tiro. I primi giorni di quello che i media avevano ribattezzato il “Mese di Fuoco” se li era però persi. Nell'inseguire Magdalene nei livelli più bassi dello Sprawl cittadino era finito in una trappola esplosiva di una gang locale, nota col tag di NeoCortoCircuitati. Dopo l'incidente aveva rifiutato delle cure approfondite nella speranza di riuscire comunque a raggiungere la fuggitiva che si stava dirigendo verso uno dei Limiti della Città ma aveva fallito, i Logos che consigliavano la Camera di Sicurezza l'avevano quindi costretto a settantadue ore di riposo forzato per rigenerarsi.
Non aveva fatto in tempo a uscire da quelle maledette vasche di biorigenerazione che aveva saputo da alcuni suoi contatti della Crimini Informatici che era stata lanciata un'operazione in grande stile che aveva condotto allo sterminio delle Dodici Tribù Hacker, erano molto su di giri... nemmeno fossero andati loro fisicamente a fargli saltare la testa a quella feccia anarcoide. Quei sorrisi erano però evaporati in fretta visto che la Città, nemmeno dopo ventiquattro ore, aveva subito  il più grande assalto informatico di sempre a opera di un hacker misconosciuto di cui sapevano solo il nome di battaglia, K009.
Qualcosa stava bollendo in pentola e nell'ultimo periodo era stato sballottato a destra e a manca; diversamente dal solito non aveva potuto analizzare attentamente quello che stava succedendo. Giornalmente scaricava una copia della sua memoria a breve termine su un disco di backup nel suo cloud privato, nella speranza di avere, prima o poi, il tempo per studiare con attenzione i dati, per capire che schema nascondevano. Sapeva che da qualche parte doveva esserci, sentiva che doveva esserci qualcuno, un burattinaio, che muoveva  fili, come pupazzi, dando vita allo spettacolo intorno a lui. Gautama? Difficile, da quando era stato disconnesso. Qualche settore deviato del governo cittadino o qualche Logos Irrazionale? La risposta era là fuori... Peccato che non avesse avuto ancora tempo di potersi dedicare questa ricerca, impegnato com'era nel lavoro di pulizia dello Sprawl.
Era la quinta volta quella settimana che lo mandavano a infilarsi dei tunnel che si trovavano sotto Acciaiocity, il più grande complesso di acciaierie cittadino, edificato quasi mezzo millennio prima. Era lavoro di routine, cercare e distruggere, qualcosa di noioso per uno come lui. Questa volta, almeno, la preda era potenzialmente interessante. Secondo le informazioni scaricate dal Coordinamento Tattico della missione si trattava del nascondiglio dell'ultimo gruppo di superstiti dei NeoCortoCircuitati. Se fossero riusciti a catturarli c'era la possibilità di scaricare informazioni utili alle indagini dai cervelli di quella tecnofeccia. Finora non erano stati molto fortunati, i dati raccolti erano, nella migliore delle ipotesi, frammentari; da quei pochi dati l'Ufficio Analisi aveva solo potuto teorizzare che tutti gli scarafaggi emersi dal Sotto-Sprawl erano solo carne da cannone, mandata a fare il lavoro sporco o, come sospettava Trent, a deviare l'attenzione.
Stava controllando alcuni dati dal visore tattico dell'elmetto quando ricevette un chiamata prioritaria. Trent rimase sorpreso, i codici del messaggio non erano quelli della Camera di Sicurezza ma dell'Istituto di Ricerca. Si chiese che cosa diamine potessero volere da lui in quel momento. Il messaggio era lapidario, doveva lasciar perdere quell'operazione ad Acciaiocity e recarsi immediatamente alla sede principale dell'Istituto.
Visti i codici di priorità non era nella posizione di rifiutare perciò, a malincuore, si scollegò dalla rete dati della sua unità, comunicando il cambiamento di programma che lo riguardava al suo secondo e consigliandogli di utilizzare alcuni droni da ricognizione in più. Quelli laggiù erano bravi con le trappole esplosive.
Accendendosi una sigaretta saltò a bordo del primo trasporto diretto verso il complesso dei Palazzi della Giustizia dove si trovava la Camera di Sicurezza. Non aveva un buon presentimento...

Aveva visitato solo due volte l'Istituto, una colossale torre di plastacciaio perennemente illuminata a giorno, visibile da diversi chilometri di distanza usando le aviomobili. La prima volta che aveva varcato quell'entrata era stato quando gli avevano installato il cyberware base come Censore e fatto i test preliminari; la seconda volta invece quando gli ordinarono di consegnare a quei tecnici il cadavere di John Revelator. Quest'ultima era una cosa piuttosto strana ma, a quanto pareva, i Logos erano interessati a quella carne e quindi, diversamente dal resto degli abitanti della Città, non era stata destinata al Settore Smaltimento e Riciclo di Lievitown.
C'era tempesta quella sera. Forte vento e pioggia avevano colpito incessantemente il suo mezzo. Un presagio di quello che gli riserbava il futuro?
Senza perdere troppo tempo in inutili pensieri pilotò l'avio verso l'enorme massa di plastacciaio che si trovava davanti a lui, atterrando su una piattaforma nei pressi dell'entrata principale. Sceso dal suo mezzo di servizio venne subito investito da folate di vento freddo e uno scroscio di pioggia leggermente oleosa.
“Bell'inizio...” Pensò.
Tirandosi su il bavero della giacca si diresse verso l'ingresso più vicino, ad attenderlo una figura mingherlina che lo guardava con intensi occhi mandorla, di color azzurro. Conosceva quegli occhi, non si aspettava di rivederli.
«Non pensavo saresti stata tu il comitato di accoglienza, Patti.»
La donna sorrise freddamente: «A volte non abbiamo scelta, agente. Adesso, se abbiamo finito coi convenevoli, che ne dici di seguirmi. Abbiamo entrambi da fare.»
«Non che abbia scelta...» Replicò laconicamente l'uomo.
Lui e Patti, la sua gemella, non si vedevano ormai da diversi decenni , e nemmeno si parlava se per quello, da quando Courtney, una sua collega di grado inferiore e compagna della sorella, era morta in uno scontro a fuoco, durante quella che doveva essere un'operazione di routine. Era una storia vecchia più di un secolo standard ma sua sorella sembrava riuscire ancora a serbargli rancore...
Così, mentre l'agente faceva le sue considerazioni si accorse che stavano prendendo una strada diversa da quelle a lui note. Le sale briefing, con i vertici amministrativi dell'Istituto, si trovavano nelle sezioni apicali del grattacielo, loro invece si stavano dirigendo verso il basso. Non volendo manifestare il suo stupore aumento i filtri emotivi e iniziò a sfogliare nel suo database per capire dove stavano andando, la loro meta era la famigerata Sezione Interna.
Non ci era mai stato, nessuno della Camera di Sicurezza c'era mai stato laggiù se non forse qualche alto dirigente. Esistevano però diverse leggende urbane che riguardavano i corridoi sotterranei che si estendevano nelle viscere dell'Istituto di Ricerca. In effetti i suoi sensi erano allerta, c'era qualcosa di strano. Persino il suono delle loro scarpe sembrava venire assimilato dalle pareti circostanti.
Si aggiustò velocemente il nodo della cravatta mentre distrattamente si guardava attorno. Non che ci fosse qualcosa di notevole da guardare, le pareti erano di liscio plastacciaio, uniformi, standard e fredde. Nemmeno l'illuminazione dei plasma riusciva ad infondere una parvenza di calore, solo la luce necessaria a rendere illuminato il suo passaggio lungo i corridoi. 
Come accadeva sempre in quelle situazioni il processore dati. collegato alle sue periferiche sensoriali, stava memorizzando il tragitto fatto, innestandolo nella sua memoria più profonda del suo corpo. Se ci fosse stato bisogno il suo corpo avrebbe automaticamente saputo la strada da fare. 
Più si inoltravano nei corridoi e più l'agente si sforzava di capire cosa ci stesse facendo laggiù. Dai dati in suo possesso gli ingegneri di quel settore dell'Istituto da lui,  erano incaricati di controllare ed elaborare tutta la nuova tecnologia cittadina e, da quel poco che ne sapeva, la Sezione Interna era controllata direttamente dalla LogoSfera,. Che cosa potevano volere da lui i Logos?
Anche la presenza della sorella era un dato anomalo, Patricia “Patti” Smith, era un'abile genetista e nel corso dei decenni era ascesa a posizioni più elevate all'interno della Commissione Tecnologica dell'Istituto. In pratica tutto il bioware usato dagli agenti della Camera di Sicurezza e dagli alti livelli cittadini era progettato sotto la supervisione diretta di sua sorella. Se da qualche parte c'era una stanza dei bottoni lei era una di quelle persone che quei bottoni li pigiava.
«Ti vedo in forma, agente.» Disse la donna, dopo parecchi minuti di silenzio. Il tono di voce era freddo e asciutto, senza nessuna nota di gentilezza. Si adattava bene all'ambiente.
«Ci sono stati momenti peggiori, ingegnere.» Rispose in tono altrettanto freddo Trent: «Posso chiederti come mai sono stato convocato quaggiù?»
«Certamente. I Logos della Commissione di Controllo hanno analizzato la situazione creatasi in città nell'ultimo periodo. Da tutte le proiezioni effettuate, hanno ipotizzato che ci potesse essere una regia occulta dietro i più recenti fatti criminali che hanno ci hanno colpito.»
«Criminali che distruggono settori dei bassi livelli dello Sprawl è una cosa piuttosto comune...»
«Trent non offendiamo le nostre reciproche intelligenze cibernetiche. Mi riferisco alla sparizione della compagna del ribelle, John Revelator, ai moti di ribellione dello Sprawl e all'attacco che ha colpito la Matrice Sicurezza a opera di quell'hacker, il soggetto noto come K009, alias di Kurt Mercury.»
«Be', quello dovrebbe essere un problema risolto, no?»
«No.»
L'agente sollevò un sopracciglio: «Le mie informazioni indicavano che quell'hacker è deceduto nell'attacco alla Matrice di Sicurezza.»
«Il corpo biologico dell'hacker è morto ma c'è stato... qualcos'altro.»
«Qualcos'altro?»
«In virtù dei tuoi codici di sicurezza posso essere leggermente più esplicita. Qualcosa nella Matrice Gibsoniana si è attivato e per pochi nanosecondi abbiamo percepito l'eco di un'entità cybernetica che ha inglobato i codici dell'hacker.
«Uhm... sembrerebbe un problema affascinante.»
«Affascinante?» Il cambiamento del tono di voce della sorella sorprese Trent, aveva forse percepito una nota di sarcasmo nella voce di Patti; scoperte come questa potevano far incrinare la fede nella Visione e nei Logos!
«Ad ogni modo agente questo non è un suo problema. Ci stanno pensando i Mastini della LogoSfera a indagare su questo caso.» Continuò la sorella.
Aveva sentito parlare di quella particolare classe di Logos, erano emanazione diretta del Direttorio della LogoSfera ed erano Intelligenze Artificiali così pericolose che i loro costrutti erano rigorosamente temporanei visti i danni che potevano recare alla Realtà; se erano in campo doveva essere davvero una faccenda complicata.
«È tutto sotto controllo. Non ti interessava sapere il motivo della tua convocazione?» Riprese la donna.
Il fatto che Patti volesse cambiare discorso indicava che il problema doveva essere decisamente complicato. Interessante.
«Prima mi avevi accennato a proiezioni che indicavano la possibilità che potesse esserci qualcuno dietro gli eventi degli ultimi giorni, puoi essere più esplicita?»
«Certo, ti sto scaricando direttamente nel tuo cloud privato tutti i fascicoli dell'indagine preliminare compiuta dalla Sezione Investigativa della Commissione di Controllo. Sono certa che te ne stai già interessando, questi nuovi dati dovrebbero esserti utili. Ora però, se mi vuol seguire, voglio farti conoscere il tuo nuovo partner.»
«Che cosa?!»
Una delle cose che le nuove reclute dei Censori imparavano era che gli agenti più anziani erano così in gamba da non aver bisogno di lavorare in coppia e che tra questi, l'agente Trent Smith non aveva mai avuto avuto bisogno di un partner.

Il corpo immerso nella vasca rigenerativa aveva attirato la curiosità di Trent; per qualche motivo si era aspettato un maschio invece si trattava di una femmina. Benché la corporatura fosse minuta dava l'impressione di essere dotata di un notevole potenziale atletico innato, sicuramente i il ceppo genetico da cui era stata selezionata doveva essere stato scelto accuratamente, oltre a essere stato sicuramente biopotenziato. Qualcosa però nella figura immersa nel liquido bluastro lo lasciava perplesso, come se il suo sesto senso cercasse di avvisarlo che c'era qualcosa di sbagliato.
«Vedo un certo interesse nei confronti della tua futura collega. Questo mi fa piacere.» Il tono di Patti sembrava moderatamente allegro, come quello di un bambino quando vuol mostrare a tutti i suoi amichetti un giocattolo nuovo e costoso: «Ovviamente il fatto che si trovi in una vasca rigenerativa è un dettaglio che avrai certamente notato, agente. Quella che ha di fronte infatti non è un soggetto allevato normalmente da una matrice biologica. Si tratta di un recupero.»
«Un recupero?! Di chi?» Dunque si trattava del clone di qualcuno. Il volto, però, non era in nessuno degli archivi che stava consultando.
«Non affannarti in inutili ricerche Trent, i bio-dati di questo corpo non sono presenti in nessun archivio genetico, il corpo è stato creato ex-novo.»
«Uhm... allora di chi sarebbe un clone?»
«Probabilmente aver usato la parola clone è stato leggermente fuorviante.» La donna si appoggiò alla parete dando al censore l'idea che si stesse davvero divertendo molto a tenerlo sulle spine; in memoria aveva i protocolli delle procedure di attivazione dei cloni di recupero e quella a cui stava assistente era decisamente inusuale. Inoltre il comportamento di sua sorella mal si conciliava coi suoi ricordi. Scaricò velocemente il file del profilo psicologico di Patti, più tardi avrebbe deciso di analizzarlo. Privatamente.
«In effetti devo scusarmi.» Proseguì l'ingegnere «Per un uomo così profondamente legato alle procedure come sei tu quello che sta accadendo in questo laboratorio deve sembrare risultare decisamente strano. In realtà i Logos erano maggiormente interessati a recuperare una mente invece  di un corpo.».
L'agente sollevò un sopracciglio: «Un ripristino dati mentale disgiunto da quello biologico? Non ne avevo mai sentito parlare...»
«La procedura è sempre rimasta pura teoria ma è tecnicamente possibile. Come sai, per esperienza diretta, il recupero della coscienza è sempre stato legato al ripristino di un clone del corpo del soggetto. È per questo che esistono banche di tessuti di tutti coloro che lavorano alle dirette dipendenze dei Logos, rimpiazzare soggetti così qualificati addestrandone altri richiedere una perdita di tempo e risorse non giustificabile. Ad esempio occorrono circa sei anni per trasformare una recluta in un censore pienamente operativo, in caso di morte è molto più conveniente approntare un clone per il corpo e scaricarne all'interno l'ultimo backup disponibile della coscienza.»
«Sono a conoscenza di queste cose Patti, ma non mi risulta che negli ultimi due mesi siano deceduti censori o personalità così importanti da dover ricorrere ad un ripristino.»
«È vero, infatti l'intenzione della LogoSfera non è quello di ripristinare un governativo, ma un semplice cittadino.»
«Cosa...?» Il tono di voce dell'agente era decisamente sorpreso: «Mi sembra tutto molto... irregolare... non pensavo nemmeno potesse essere tecnicamente possibile. I comuni cittadini non dispongono di tecnologia di back up cerebrale»
«Tecnicamente è possibile. La società moderna ha trasceso i limiti della biosfera; ci troviamo a tutti gli effetti, in una noosfera. Tutte le entità della Città, escludendo frange estreme di ribelli luddisti, sono connesse in qualche maniera alla Rete. Immagino non dovrebbe stupirti particolarmente  sapere che, a livello di configurazione base, non c'è molta differenza tra un normale impianto standard di connessione cerebrale in uso dalla maggior parte dei cittadini e la bio-interfaccia operativa di un censore.»
«Quindi si potrebbe dire che, in linea teorica i Logos, possono accedere ai pensieri di tutta la cittadinanza?»
«Sarebbe possibile. Ma è poco efficiente, richiederebbe l'immagazzinamento di una tale mole di dati che consumerebbe troppa energia.»
«I Censori sono però permanentemente collegati con settori speciali della LogoSfera.»
«È vero, ma voi, per usare un'antica espressione, avete venduto la vostra anima ai Logos... chiunque lavori come noi per la LogoSfera rinuncia alla propria libertà individuale. È come se facessimo parte di un grande alveare mentale.»
«Libertà individuale...? Alla luce di questo discorso, Ingegnere, direi che è davvero una merce molto rara in Città, non solo per noi. I Logos potrebbero persino decidere di alterare i pensieri dell'intera popolazione. A pensarci bene, agendo in questa maniera si eviterebbe di perdere inutilmente tempo con queste ribellioni.»
«Il tuo discorso è perfettamente logico, da agente, ma non tiene conto di alcuni fattori. Il primo è il fatto che c'è una bella differenza, in termini di costo energetico, tra ascoltare dati-pensiero e modificarli, anche per una percentuale molto bassa della popolazione. Secondo, le ribellioni servono alla nostra società. Sono una valvola di sfogo. Come lo sono i senso-drammi, un incontro sportivo o l'utilizzo di droghe ricreative. Una società incatenata ad una Visione troppo rigida non durerebbe a lungo e gli individui perderebbero la loro umanità... il fulcro della Visione dei Logos.»
«Umanità? Andiamo! Che cos'è l'umanità di fronte all'ordine e alla sicurezza? Non scherziamo; qualunque cittadino, indipendentemente dalla propria estrazione sociale, sarebbero ben disposto a rinunciarci in cambio di maggior sicurezza.»
«Infatti, Trent, l'umanità ha già, inconsapevolmente, perso parte della sua umanità; passami il gioco di parole. Il tutto in cambio di una maggior percezione di sicurezza. Nella nostra epoca il crimine, statisticamente parlando non esiste! Il numero di reati è ridicolmente basso in rapporto alla popolazione ma appunto per questo che anche un semplice assassinio viene percepito in modo molto più amplificato di quello che è. Se persuadi un soggetto a vivere in un certo modo questo si convincerà che quello è l'unico modo possibile di farlo, per quanto degradante.» La donna fece un pausa: «C'è un altro fattore che vorrei ti fosse chiaro prima di abbandonare questo discorso e presentarti la sua collega.»
«Quale sarebbe?»
«I Logos. La loro programmazione nei confronti degli esseri umani. Il loro desiderio non è quello di governare l'umanità, ma consigliarla in modo da permetterle il miglior sviluppo possibile all'interno della Realtà. Questa società è un organismo simbiontico, sia gli esseri umani che la LogoSfera sono legati l'uno all'altra, indissolubilmente. Il destino di uno è inestricabilmente vincolato a quello dell'altro. A volte le proiezioni della Commissione di Controllo porta a decisioni difficili ma tutto al fine di preservare questa società, l'unica ancora di salvezza per la razza umana. L'alternativa la conosci, gli Xeno...»
“Preservare la società?! Sarebbe più corretto dire preservare lo status-quo.” Pensò il censore. Era davvero molto tempo che non vedeva la sua gemella, era proprio diversa. Ma, del resto, anche lui un tempo era diverso. Per quanto efficienti potessero essere i suoi filtri emotivi uccidere qualcuno inevitabilmente di cambiava e lui uccideva per conto della Camera di Sicurezza da quasi due secoli. Ma cosa poteva aver cambiato Patti in quel modo, la semplice morte di Courtney? Possibile che gli attaccamenti emotivi potessero generare queste deviazioni?
«Quindi, lasciando perdere i discorsi filosofici, i Logos vogliono recuperare la memoria di qualcuno attivando questo clone con, immagino, tutto quello che sono riusciti a recuperare della sua matrice mnemonica originaria, ma... che c'entro io?»
Patti sorrise: «Perché, fratello, per il soggetto originario tu eri quanto di più vicino al nemico numero uno. Prima o poi le vostre dinamiche interpersonali catalizzeranno una reazione nei frammenti della sua memoria primitiva. Sono certo che capirai che i dati contenuti in quella memoria sono molto importanti per i Logo che che, quindi, la vita del soggetto è prioritaria. Non credo sia necessario innestarti una direttiva di blocco primaria per evitarti di ammazzarla se ti trovassi in pericolo, giusto?»
«Giusto.» Rispose l'uomo a denti stretti.
Da sempre Trent era stato convinto di essere molto più vicino alla macchina che agli esseri umani ma, dopo aver osservato attentamente gli occhi della sorella capì che lei lo era sicuramente più di lui. Non c'era traccia di umanità in quello sguardo. Lei era il pesce predatore che voleva cenare con le sue budella.
Fratello e sorella si fissarono silenziosamente per pochi istanti.
«Vai nell'altra stanza.» Disse l'ingegnere: «Attiverò le procedure di risveglio del clone, un paio d'ore e il tuo collega sarà pienamente operativo.»
«Non vedo l'ora...» Fu tutto quello che poté aggiungere l'agente mentre si dirigeva verso la sala d'attesa.

Trent controllò rapidamente il pad con i dati della missione nel tank comando; un'altra incursione dal Sotto Sprawl, un nutrito gruppo di punk era sciamato dalle profondità dei condotti di scolo cittadini e stava mettendo a ferro e fuoco un esteso settore di Acciaiocity. 
Sospirò.
Sarebbe stato il vero battesimo del fuoco per la sua partner. L'agente censore Judith Maynard.
Lavoravano insieme ormai da una settimana standard, la donna aveva avuto sempre un comportamento normale, per gli standard dei censori. Oggettivamente, dovette ammettere, che era maledettamente in gamba, c'erano state alcune operazioni di routine e lei si era comportata sempre all'altezza. Chissà se per suo merito o per qualche bio-ingegnerizzazione della Sezione Interna.
Qualunque fosse il piano che sua sorella aveva architettato non era quello il momento per pensarci. Aumentò il livello dei filtri emotivi del suo bioware in modo da calmarsi ed essere perfettamente lucido poi uscì dal tank.
Judith lo stava attendendo, come gli altri tre elementi che componevano la sua squadra, indossava già armatura tattica da combattimento ed era già collegata in rete; i tre attendevano solo che si interfacciasse anche lui per iniziare la caccia. Anche senza la meta-condivisione della rete tattica censoria poteva percepire la loro voglia di agire. Solo la sua partner era calma. Filtri emotivi molto efficaci o semplice freddezza della macchina?
Collegarsi richiese meno di un pensiero.
“Squadra, attenti!” Quando la voce di Trent risuonò nelle loro menti tutti i membri della squadra scattarono sull'attenti. Mentre stava condividendo le planimetrie e i piani tattici l'agente proseguì: “La nostra squadra si occuperà del settore 007 di quest'acciaieria. L'agente Maynard sarà il mio secondo in comando e coprirà il mio lato sinistro insieme a Corgan; Grohl e Novoselic invece si occuperanno del lato destro. Vi voglio sul chi vive, dalle informazioni dell'intelligence risulta che qui dentro si nasconda l'ultima cellula di un gruppo di ribelli noti come NeoCortoCircuitati; sappiamo già che si tratta di gente pronta a tutto e di sicuro non hanno niente da perdere. Se possibile catturateli vivi, altrimenti assicuratevi di danneggiare il meno possibile i loro cervelli. Oltre a questo le squadre tecniche hanno rilevato delle strane interferenze, quindi, a parte la rete tattica di ogni squadra, una volta dentro saremo praticamente tagliati fuori dalla Rete. Dovremo quindi affidarci al nostro hardware per finire questa missione, niente supporto dati esterno. Adesso muoviamoci, alla base vogliono delle risposte.”
Non appena ricevette la luce verde dal comando missione iniziò a muoversi all'interno dell'acciaieria. La sua squadra stava eseguendo perfettamente le direttive impartite nei piani elaborati dal comando. La struttura dentro cui si trovavano era vecchia forse di due o tre secoli standard, ormai usata come deposito per materiali e scorie degli impianti più moderni ma, sopratutto, come ricovero di fortuna di sbandati. Sul suo visore tattico vedeva i suoi muoversi attraverso gli ampi settori dell'acciaieria senza che ci fossero particolari ostacoli sul loro percorso.  
“Capo, qui forse abbiamo trovato qualcosa.” Era la voce di Judith a risuonargli direttamente nel cervello; si diresse immediatamente verso la donna, ordinando all'altra squadra di cambiare il suo percorso e raggiungere la sua precedente posizione in modo da coprirgli le spalle.
Arrivato dove si trovavano Maynard e Corgan, si chinò per osservare quello che i due avevano trovato attaccato a un pilone. Si trattava di uno strano congegno, una specie di ripetitore, probabilmente wifi.
“Ignoro cosa possa essere, ma potrebbe essere legato all'interferenza che hanno rilevato.” Riferì Corgan, che era l'esperto tecnologico del gruppo. “Oltre a questo  abbiamo individuato diversi glifi dei NeoCortoCircuitati in zona e anche qualcosa di simile a un glifo delle tribù hacker.”
“Simile che significa?” Gli fece Trent.
“Be', non è uno dei dodici glifi conosciuti ma ne incorpora elementi di tutti, come...” Si interruppe un attimo. “Come se ci fosse un'altra tribù”.
L'agente Smith guardò prima l'uomo e poi la donna, che scrollò le spalle.
“Non ho mai ricevuto informazioni dell'esistenza di una fantomatica tredicesima tribù. Per ora lasciamo perdere e concentriamoci sul bersaglio. Corgan, cerca di capire cos'è quell'affare e tu Judith, prendi delle olopic di quel tecnoglifo.”
All'improvviso una comunicazione di emergenza di Grohl, erano stati attaccati da un gruppo di ribelli ed erano sotto il tiro di armi pesanti.
Prima che Trent potesse anche solo pensare qualcosa una fortissima interferenza dati mandò in corto il suo cyberware; la Realtà intorno a lui esplose le connessioni della sua interfaccia cerebrale iniziarono a mandargli segnali impossibili, come se tutto il suo spazio dati cerebrale fosse stato contaminato da un potente malware. Il suo corpo era completamente paralizzato e a peggiorare la situazione ci si era messo anche un gruppo di nemici che, dall'alto di un montacarichi, li stava bersagliando con colpi di bazooka e lanciamissili. Nella condizione in cui si trovava non poté far nulla quando  Corgan venne centrato in pieno da una granata, esplodendo in pezzi. 
Poi tutto divenne buio quando il suo neuro sistema andò in shut down.

Così come erano scomparsi, i dati tornarono a riempire il suo spazio mentale; il ripristino d'emergenza del suo bioware si era attivato. Non appena gli si aprirono nuovamente gli occhi lanciò immediatamente un programma di diagnostica generale mentre si guardava attorno. A pochi metri da lui c'erano i resti dell'agente Corgan, ridotto ormai ad un ammasso informe di carne e plastacciaio; era un buon agente, l'avrebbero sicuramente recuperato in tempi brevi. Il programma diagnostico lo informò che non c'erano seri danni alla sua struttura ma continuava ad esserci una forte un'interferenza alla portante dati, questa non solo bloccava l'accesso alla Rete ma sembrava aver limitato drasticamente l'accesso anche alla rete tattica delle unità dei censori in quell'azione.
Riparandosi dietro ad una colonna di acciaio controllò la posizione degli altri membri della squadra. Di Grohl e Novoselic non c'era traccia ma, a un centinaio di metri da lui, c'era un puntino verde. I bio-dati confermavano che si trattava di Judith, ed era viva.
Si guardò attorno usando gli infrarossi, la zona sembrava essere sgombra. Doveva raggiungere il prima possibile la sua compagna se volevano avere una speranza di cavarsela. L'armatura però era stata seriamente danneggiata dal fuoco nemico, i servomeccanismi e i giroscopi non riuscivano a dare la spinta necessaria a farlo muovere come desiderava. Trent decise quindi di liberarsene in fretta rimanendo solo con la tuta protettiva, controllò di nuovo l'area e vide che Judith era ancora riversa a terra, immobile, all'imbocco di un corridoio. Se non altro quella zona non era stata bombardata con l'artiglieria pesante.
Con molta circospezione  la raggiunse, l'armatura tattica della donna era crivellata di colpi ma le spie del bio-monitor erano tutte sul verde. Senza perdere troppo tempo attivò l'apertura d'emergenza e la estrasse. Incredibilmente la maggior parte dei colpi erano stati assorbiti dalle lamine in plastacciaio dell'armatura, le ferite di Judith erano superficiali e da quello che poteva vedere i suoi naniti stavano già riparando la maggior parte dei danni.
Le diede qualche colpetto per svegliarla e, non appena lei aprì gli occhi, le fece segno ti stare zitta.
«Ci hanno colto di sorpresa.» Sussurrò: «Corgan è stato ammazzato mentre e sia Grohl che Novoselic sono spariti. Adesso che sei sveglia ti sarai anche accorta che sia scollegati anche dalla rete tattica. Ce la fai a muoverti?»
La ragazza annuì.
Mentre l'aiutava ad alzarsi controllò le planimetrie dell'impianto,il corridoio che avevano davanti a loro portava nella vecchia area degli altoforni. Secondo i dati la maggior parte delle strutture produttive erano state spostate ma quello che era rimasto la rendeva una zona ideale delle imboscate. L'alternativa era tornare indietro ma, viste le condizioni della compagna, sarebbero stati un bersaglio facile se quelle merde dei NeoCortoCircuitati erano nascosti da qualche parte. Non aveva voglia di riprovare il processo di resurrezione. Inoltre doveva proteggere Maynard, almeno fino a quando i ricordi della sua precedente vita non fossero riemersi. Sua sorella era stata categorica, il processo di resurrezione poteva compromettere permanentemente la matrice mnemonica del clone.
«Ascoltami bene.» Disse Trent alla donna. «Indietro non possiamo andare quindi non ci resta altro che proseguire e cercare di capire che sta succedendo. Ok?»
Judith annuì e sussurrò: «Prima... il mio hardware sembrava impazzito... anche la mia interfaccia dati era andata in cortocircuito, ho visto che qualcuno di quei bastardi che si era intrufolato qui dentro... ho cercato di inseguirlo... ma c'è stato uno shut down dei sistemi...»
«Anche a me è successa la stessa cosa. Sicuramente anche le altre squadre avranno avuto dei problemi. La missione è andata a puttane e entro una quindicina di minuti arriveranno coi tank e gli agv e raderanno al suolo questo posto costringendo quei topi di fogna a tornare nel Sotto-Sprawl. Ma io voglio delle cazzo di risposte. Adesso alzati e andiamo a prendere il tuo fuggitivo.»
Judith annuì ma Trent vide che era pallida, I bio-dati della ragazza erano impazziti, sopratutto quelli legati all'attività cerebrale, le aree preposte alla memoria erano come impazzite. O il suo cervello stava per avere un crash definitivo o forse le vecchie memorie si stavano attivando.
Proprio nel momento peggiore.
Assicuratosi che la donna ce la potesse fare iniziò a muoversi lungo il corridoio, la sua partner era una decina di metri dietro, di copertura. Proseguirono lentamente, controllando ogni intersezione per evitare guai. I NeoCortoCircuitati però sembrano essere evaporati. Alla fine i due censori sbucarono in una grande arena coperta. Ovunque c'erano tracce di un antico passato industriale, pile di metallo semilavorato stavano morendo lentamente, arrugginendosi, come la maggior parte dei macchinari che non erano stati considerati utili quando i Logos addetti all'urbanistica avevano deciso di spostare la produzione di quest'area in un'altra zona.
Trent si chiese se un giorno, quando non sarebbe stato considerato più utile dalle Intelligenze Artificiali della LogoSfera, sarebbe stato lasciato ad arrugginire in qualche angolo della Camera di Sicurezza?
Scosse la testa. No, non era quello il momento per quelle routine di pensieri. La situazione era già abbastanza complicata, ora doveva concentrarsi unicamente sul riportare a casa la pelle, possibilmente con qualche elemento utile a capire cos'era successo. Regolò i filtri emotivi e la produzione di calmanti perché gli si schiarisse la mente.
Fece segno a Judith di nascondersi dietro alcune travi di metallo mentre controllava più attentamente l'area, utilizzando il suo scanner ottico. Sembra non ci fossero minacce, almeno nulla che Trent potesse percepire col suo cyberware. Scattò dietro ad una colonna e fece cenno a Judith di raggiungerlo.
Non appena la donna si mosse ci fu di nuovo quel fortissimo segnale d'interferenza e la Realtà decise nuovamente di prendersi una pausa.
Trent questa volta riuscì a percepire, un'istante prima dell'esplosione, la portante dati proveniente da qualche punto della struttura in cui si trovavano. Non sapeva come, ma questa volta sembrava riuscire ad arginare in qualche modo gli effetti dell'interferenza. Almeno lui, perché Judith era di nuovo faccia a terra.
Non aveva molta scelta. Grugnì e guizzò alla volta della ragazza.
Fortunatamente vide che il colpo stava arrivando con la coda dell'occhio, solo grazie a questo  colpo di fortuna, ed eccellenti sintetizzatori di adrenalina accoppiati a fibre muscolari sintetiche all'avanguardia, era riuscito a spostarsi leggermente di lato mentre il pungo d'acciaio comparso all'improvviso andava a schiantarsi contro la sua spalla invece che contro la sua tempia. Fu però più che sufficiente a farlo volare di diversi metri.
Il censore si sentì come se fosse stato investito in pieno da un vagone della metropolitana, tutti i sistemi stavano lavorando all'impazzata per fargli recuperare l'equilibrio. Alzandosi vide una figura imponente apparire dietro un mantello mimetico. Il gigante era ricoperto da glifi dei NeoCortoCircuitati, impianti cibernetici di metallo cromato e uno sguardo assassino.
Murubutu avanzò deciso verso l'agente, il colosso di colore forse non aveva l'ultimo grido in fatto di cyberware ma quello che aveva addosso era dannatamente efficace; afferrò Trent con entrambe le braccia e iniziò a stritolarlo. Solo le leghe speciali con cui avevano rinforzato lo scheletro dell'agente lo stavano salvando dalla morte, mentre i naniti cercavo di riparare il più velocemente possibile ai danni interni che stava subendo.
«Allora bastardo, cosa si prova a guardare in faccia la morte?» La voce del gigante era profonda, decisa. Trent comprese subito che da quel duello solo uno dei due ne sarebbe uscito vivo. 
«Anche se non sono riuscito a salvare J. almeno Magdalene sono riuscito a fare in modo che arrivasse in un luogo sicuro.»
«Dove? Nella Nebbia...?» Riuscì a dire l'agente sputando sangue. «Se pensi che gli Xeno possano essere di aiuto alla Città ti sbagli. Loro vogliono distruggere questa Realtà...»
«No, ti sbagli. Johnny ci ha detto che ci avrebbero aperto gli occhi. Quella che tu chiami Realtà io la chiamo Menzogna!»
«Quelle cose... vogliono distruggere la LogoSfera e... senza i Logos non potremmo sopravvivere!» Disperatamente il censore cercò di raggiungere la cintura con la mano sinistra.
«Non sai niente. I Logos ci tengono prigionieri!»
«No! Senza di loro ci attenderebbe solo il vuoto! Il Nulla!» Gli urlò Trent mentre con un ultimo, disperato sforzo, riuscì a estrarre due mini granate magnetiche. Il vecchio cyberware usato da Murubutu aveva un grosso problema, l'ampio utilizzo di metallo. Aveva sicuramente dei vantaggi ma era altrettanto vero che era l'ideale per piazzarci delle granate magnetiche.
Lo scoppio fu forte e scaraventò Trent a venti metri di distanza, insieme al braccio sinistro del suo avversario. Sputò un denso fiotto di sangue... non sapeva come ma era vivo.
Nonostante le ferite e i sensi ottenebrati dall'esplosione, con uno sforzo incredibile si mise in piedi e si girò, trovandosi Judith di fronte.
Lei gli sorrise e gli sparò a bruciapelo.

Trent aprì gli occhi. Il colpo non era stato letale, le lamine in plastacciaio e kevlar della tuta lo avevano protetto, ma sentiva che il proiettile aveva provocato una ferita profonda, oltre ad averlo mandato di nuovo al tappeto.
Il censore ansimava faticosamente, sentiva che tutto, quel giorno, era andato terribilmente storto. Stava fissando il cielo, la copertura di quella zone non c'era più e attraverso volute di fumo vedeva le scure nubi del cielo notturno. Sentiva chiaramente l'odore di esplosivo nell'aria. 
Cercò disperatamente un canale di comunicazione con il centro comando della missione, ma era tutto inutile. Quelle interferenze l'avevano tagliato fuori dalla Rete, per la prima volta nella sua vita era scollegato... era solo. 
Il fumo si stava diradando, sentiva le nano-macchine nella sua carne lavorare per rimettere in sesto il suo corpo. Aveva le braccia e diverse costole rotte, un foro nella pancia e probabilmente anche qualche altro trauma interno.
Judith comparve all'improvviso nella sua visuale appannata, si chinò su di lui e lo baciò, appassionatamente.
Dopo aver allontanato le sua labbra da quelle dell'uomo la ragazza gli sorrise: «Non temere, non voglio ucciderti, oggi. Preferisco che tu faccia ritorno nella tua cuccia e dica ai tuoi padroni che ce l'hanno fatta. Anche se non completamente, ho recuperato la maggior parte della mia memoria, almeno quella che mi serve davvero. Di' ai Logos che ora ricordo chi sono.»
Mentre la ragazza si stava allontanando Trent fece uno sforzo e, digrignando i denti, le disse: «Chi... chi sei?»
Lei si fermò e si voltò verso l'agente ferito, sorridendo: «Sono J.»
Poi le ombre inghiottirono la figura della donna.


lunedì 27 gennaio 2014

#2: Wake Up

Metallo.
Questo è l'unico sapore che adesso riesco a sentire, quasi tutte le terminazioni nervose della mia lingua e del mio naso sono andate a farsi fottere. Sono stato io a disattivarle. Non è poi un gran dramma in fin dei conti. Dove voglio andare non ho bisogno né del gusto né dell'olfatto; nell'Impero del Silicio e del Quanto quello che mi serve è tutto il neurospazio possibile per aumentare la capacità di calcolo della mia interfaccia dati e per immagazzinare un arsenale software di prima categoria. I sensi occupano solo  memoria inutile e non me ne importa niente se così facendo il mio corpo fisico è ridotto a una larva sbavante...
Quello non sono davvero io.
I check up sono quasi completati; l'hardware funziona perfettamente, ma voglio essere scrupoloso quindi meglio lanciare i programmi di diagnostica per un secondo giro di controlli con simulando nuovamente i vari scenari. Meglio esagerare ora con gli stress test che trovarsi nella merda laggiù, nel cyberspazio.
Bene... fatto.
Completando la compilazione dell'ultimo dummy ho finito di programmare i software di cui ho bisogno per quest'avventura ora devo solo caricarmeli in memoria; faccio una cosa analoga con i bio-diagnostici e le routine di supporto vitale caricate negli hard disk esterni. Tutta l'operazione ha richiesto cinque, sei secondi; è poco tempo per la PercezioneCarne dei Cittadini che vivono nel Tempolento, un'infinità per quelli come me, assuefatti alla PercezioneSilicio del Tempoveloce e che riescono a sentirsi vivi solamente quando sono immersi nella realtà della rete dei Logos.
La LogoSfera.
Il luogo dove rifulge la mia vera Essenza. Quella fatta di Anima e Quanti. Perché? Perché sono un fottuto cyberpunk.
Ho due secondi per caricare e concedermi una sessione di meditazione, lo spirito deve essere forte quanto il software nel deck, sennò si è codice flat in tempo instant dove sto per andare.
Per un attimo, per l'ultima volta, ritorno alla mia PercezioneCarne, al TempoLento. Guardo quello che mi è attorno, i muri scrostati del loft dove dimoro, il basso vintage che mi ha lasciato un'amica prima di scomparire qualche giorno fa e l'olopic in cui io, Johnny e Murubutu facevamo gli idioti. Letteralmente una vita fa.

Te lo dissi J. che l'avrei fatto.
Ora sto per farlo.
Questa notte tutti quelli con accesso alla LogoSfera vedranno una scintillante cometa di luce cromata schiantarsi nel Nucleo Profondo; là dove solo i migliori, nei loro sogni più folli, sperare di andare.

Chiudo gli occhi. So consapevole che non li riaprirò mai più, questa volta sto abbandonando definitivamente la Carne.
Perché lo faccio?
Perché posso. 

Login effettuato con successo...
Benvenuto nella Rete Cittadina...

Bene, sono dentro. I sistemi di attenuazione dell'adrenalina e i filtri emotivi stanno facendo un buon lavoro, dai miei bio-dati capisco che non c'è nessuna agitazione in me. Il punto d'accesso alla Rete in cui mi trovo sembra una delle tante stazioni della metropolitana della Città dei livelli borghesi, solo infinitamente più pulita e ordinata; come ogni stazione della metro è affollata ma, invece che da esseri in carne e ossa, da una un'enorme quantità di avatar di utenti, sub-routine dati, software semi-intelligenti e icone di pacchetti dati in transito per chissà che regione della LogoSfera.
L'importanza di questo NodoDati è secondaria nel contesto della griglia informatica cittadina, non ci dovrebbe essere una gran sorveglianza ma da buon professionista quale sono preferisco non correre rischi inutili. Farmi friggere il cervello da un Black ICE ora sarebbe da perfetti idioti, oltre che da dilettanti.
Ho mascherato adeguatamente il codice d'accesso che ho “preso in prestito” ma, per maggior sicurezza, faccio partire alcuni dummy con delle traiettorie dati pre-impostate mentre attivo un paio di macro di controllo e piazzo una cimice per monitorare questo posto. Ci sono diversi utenti ma le IA preposte al controllo della sicurezza della Rete sono conosciute nel giro per essere davvero bastarde. Inizializzo un programma di mascheramento mentre attivo alcuni software che creano una serie di miei cloni virtuali, poi “ci” dirigiamo verso lo snodo dati più vicino e così l'anonimo avatar che ho selezionato nell'upload quando sono entrato ora viene percepito dai software di sicurezza del NodoDati come un semplice pacchetto dati. Imposto una sequenza di spostamento random all'interno delle porzioni secondarie di questa zona della Rete per me e per i miei cloni, il virus replicane innestato nel nostro codice farà in modo che a ogni snodo incrociato lungo la via o io o uno dei cloni venga replicato un numero casuale di volte. 
Con un po' di attenzione dovrei, nel giro di qualche secondo, riuscire a creare una legione di miei analoghi virtuali... con tanto di pacchetto regalo per i Logos e per gli altri utenti che saranno connessi quando verrà il momento...
Mi rendo conto che il mio maggiore problema, come hacker, è dovuto alla percezione. Benché potenziato ciberneticamente, il mio cervello rimane essenzialmente biologico, i suoi percorsi logici sono fondamentalmente umani e legati alla sua biochimica organica di base. Per quanto possa impiantare cyberware e effettuare trapianti e sostituzione di massa neuronale o suoi bio-surrogati, la mia capacità di calcolo rimarrà sempre inferiore non solo a quella dei Logos ma anche alla maggior parte delle IA di basso livello, per questo so come andrà a finire questa gita nei meandri della Rete...
Per quanto ne parlassi spesso con J. non ero mai stato realmente intenzionato a compiere un gesto del genere; alla fin fine sono un essere umano e gli esseri umani di solito non cercano attivamente di suicidarsi, per quanto il fatto di essere un cyberpunk faccia pensare ai comuni Cittadini il contrario. Solo che i Censori hanno calcato un po' troppo la mano ultimamente, qualcosa bolle in pentola, il più è capire cosa. Qualcuno di noi ammazzato da quei bastardi è normale, il pogrom degli ultimi giorni no. Quella feccia dall'anima nera non solo ha rilasciato un Black ICE di nuova concezione, il Wendigo, ma sono andati a cercarli direttamente nelle loro tane per eliminare fisicamente quelli che miracolosamente erano riusciti a schivare il loro dannato software assassino. Questa volta non si erano accontentati di friggere cervelli, ma volevano anche fare a pezzi corpi. 
Nel giro di poche ore tutte e dodici le Tribù hacker della Città erano state spazzate via. I pochi sopravvissuti o si erano rifugiati nel Sotto-Sprawl, nella speranza di sopravvivere in quella fogna sub-tecnologica, separati per sempre dalla Rete, o tentavano attivamente di suicidarsi compiendo atti di ritorsione contro Censori e Logos, in nome di una beneamata rivoluzione culturale e delle coscienze di cui, volendo esser sinceri, non fregava un cazzo a nessuno.

Quando il timer scatta devio dalla linea dati che stavo seguendo, i miei cloni hanno il loro compito impostato e so che non tradiranno la mia fiducia. La direzione che ho preso mi porterà verso uno switch di livello, devo andare più a fondo nella Rete. 
Il 98% dell'utenza della Rete rimane nelle zone, per così dire, “più vicine” alla realtà che viene più facilmente processata dal cervello nel TempoCarne; queste zone sono la cosiddetta “Periferia” e, come ogni periferia che si rispetti, ha davvero ben poche cose interessanti da offrire. È una buona palestra d'allenamento quando si è all'inizio, da giovani si devono testare i propri software se si vuole fare carriera e le piccole banche dati dei settori secondari della Periferia sono ottime per effettuare le prime intrusioni adolescenziali, quelle che servono a darti quella fama da hacker “vagabondo” e per farti notare da qualcuno nelle Tribù. 
Quando c'erano le Tribù...
Seguendo i giusti snodi e linee dati dalla Periferia si arriva alla Corona; è lì che opera il restante 1,9% di quelli che opera in Rete. Noi, gli anarchici del quanto, i virus di questa società precotta e predigerita, gli hacker cyberpunk.
Però arrivarci alla Corona non è così semplice; man mano che ci si avvicina agli strati di confine della struttura della Periferia le linee dati iniziano ad essere più sorvegliate. Nelle zone più tranquille la sicurezza informatica è affidata essenzialmente ai Green ICE e, nelle zone più strategiche, ad alcune amalgame di Yellow ICE. Nella zona di confine gli Yellow sono la norma: il Gaki, il Jinn, le Furie e gli Strigoi sono quelli più cazzuti in cui ci si possa imbattere ma anche i vecchi della serie Ecatonchiri, come il Briareo, si dimostrano sempre molto tenaci da sconfiggere. Senza contare il Wendigo...
Se si è abbastanza bravi e si sono compilati adeguatamente bene i propri software si può riuscire a giungere agli strati di confine abbastanza agevolmente, schivando la maggior parte dei programmi di guardia che pattugliano quelle zone; poi occorre trovare lo switch giusto per uploadare il proprio nucleo dati nella Corona. La maggior parte di queste strutture sono dinamici, quei pochi che sono statici sono ben sorvegliati e crackarli richiedere troppo tempo per avere un reale vantaggio. Ogni Tribù ha – aveva – i suoi programmi glifo per indicare le aperture più recenti di switch dinamici; ne vedo ancora in giro ma, dopo quello che è successo, non mi fido proprio a prenderli in considerazione, inoltre ora credo sia meglio evitare di lavorare su piste sniffate dai Wendigo.
Questa volta, quindi, ho dovuto creare un programma tracciante per trovarne uno che potesse essere utile . Quando alla fine trovo quello che cercavo; le difese sono standard, attivo le routine, i dummy e i programmi anti-ICE e mi lancio a massima velocità verso l'apertura. Sono una cometa di cromo liquido. Appena le sonde sensoriali del mio costrutto si agganciano al sistema si avviano le procedure di upload e trasferimento dati. Pochi istanti e, in un'esplosione di luce, sono dall'altra parte...

Il cervello umano è limitato.
Tutti i dati virtuali non vengono percepiti come realmente sono ma devono essere tradotti in qualche modo dal cervello per essere compresi. I dati della Rete vengono assorbiti, digeriti e ripresentati dai neuroni in una forma comprensibile alla mente umana; la Periferia è così frequentata che la sua interfaccia è ormai standard anche per quegli utenti casuali che a malapena sono capaci di inserire il jack connessione nell'interfaccia nel loro cranio.
La Corona è tutt'altra cosa; è territorio astratto. Qui vivono e operano quelle migliaia di Intelligenze Artificiali che si occupano del funzionamento non solo della Rete ma anche dei servizi fondamentali per la gestione della Città. Gli unici esseri umani che circolano da queste parti o sono Censori di alto livello o corrieri di qualche corporazione così cazzuta da avere domini in queste regioni del cyberspazio o canali privilegiati con la LogoSfera. A nessuno qui è mai importato sviluppare un'interfaccia grafica che il cervello potesse digerire; se sei qui o lo sei su invito - e quindi instradato su specifiche autostrade dati - o sei un clandestino, per cui se anche ti si frigge il cervello nel tentativo di capire dove cazzo sei finito non sono problemi delle autorità.
I dati ricevuti vengono convertiti in una tale mole di input sensoriali che ogni hacker deve sviluppare dei propri filtri per non esserne distrutto anche se, con l'esperienza, l'assuefazione a questi stimoli è  tale che i parametri di sicurezza vengono ridotti notevolmente. È una sensazione che meriterebbe di essere provata; un po' come quella che si ottiene facendosi qualche acido vecchio stile o le migliori droghe corticali che offre oggi il mercato.
Considerando questo effetto secondario è facile capire come qualche hacker sprovveduto spesso vada fuori di testa, in preda a vere e proprie crisi d'astinenza. Un professionista pratica un rigido regime di assunzione di droghe per avere una migliore apertura mentale ma senza eccedere; i neuroni sono, in definitiva, il miglior software che abbiamo e avere programmi danneggiati o buggati vuol dire lasciarci la pelle da queste parti.
Appena superato lo switch devo perdere decimi di secondo – un'infinità di tempo! – per adattare il mio cervello ai nuovi input che provengono dalla Corona. Ho già fatto molte incursioni profonde quindi in questo lasso di tempo perso i circuiti del mio deck attivano automaticamente tutta una serie di programmi di mimetizzazione e navigazione per portarmi rapidamente in un zona più sicura, anche se questo termine è decisamente relativo.
Mi muovo il più velocemente possibile. Evito tutti i NodiDati che potrebbero essere pericolosi. Evito anche di lanciare delle boe segnale dietro di me, occupano spazio, potrebbero essere tracciate da qualche ICE e, in definitiva, non ho bisogno di punti di back-up; questo è il mio ultimo viaggio, se riesco a fare quello che ho progettato non riuscirò di certo a tornare indietro.
Il “radar” mi segnala un puntino verde. È quello che cercavo, una derivazione per dati secondari della Matrice Sicurezza; è un enorme NodoDati, per metà privato e per metà dei Logos, lì si effettuano i beta test dei software di sicurezza, è la nursery degli ICE! Mi inserisco con un codice d'accesso falso all'interno della derivazione e, come uno di quegli strani pesci che si trovano negli acquari dei ricchi, risalgo la corrente di questo ruscello dati. L'importante è avvicinarsi il più possibile per piantare il mio stiletto nel ventre di quella puttana cibernetica sempre gravida di programmi assassini.
I vecchi fratelli e sorelle della Tribù sarebbero orgogliosi, nessuno aveva mai tentato prima un attacco del genere. Chissà che direbbero se sapessero poi che questo non è l'obiettivo principale...

La corrente di dati che risalgo ha la sua sorgente in un flusso energetico veramente formidabile, non appena lo capto attivo delle sequenze nel deck e carico una bella icona rossa davanti al mio costrutto, se dovessi vedermela male la userò per attingere energia supplementare dal supporto vitale che tiene in vita il mio corpo nel TempoLento. L'ultima risorsa.
Non appena mi inserisco nel flusso d'energia principale mi rendo subito conto che c'è qualcosa che non va, la mia velocità dati rallentata per una frazione di secondi e questo non mi fa presagire nulla di buono; un'interferenza dovuta a una scansione dati è la causa più probabile, se è un'operazione di routine forse riesco a non dare troppo nell'occhio se è qualcosa di più profondo... 
Aumento la velocità fino al limite massimo, dietro di me lascio una scia di mine, se proprio mi voglio inseguire devono sputare il sangue quei maledetti.
Punto rosso sul radar.
Cazzo, un ICE!
Attivo lo scan per capire di che diamine si tratta.
È un Wendigo.
So che non è possibile ma è come se sentissi un brivido corrermi lungo la schiena. Cambio strategia e gli spedisco dei siluri, sono programmi simili alle mine, fatti per distruggere il codice dati dei programmi e disattivarli, in questo momento è inutile essere troppo sottili; quello che ho alle spalle è il miglior software disponibile sul mercato se vuoi friggere il cervello di una persona. I siluri colpiscono il bersaglio e vedo frammenti del codice dati dell'ICE disperdersi, c'è un'oscillazione energetica e alcuni dei frammenti si amalgamano generano delle piccole copie del bastardo! Cazzo... veloce come un lampo disattivo le mine che ho lasciato indietro, non posso procurargli ulteriori danni o rischio di ritrovarmi inseguito da uno sciame di quegli affari.
Tento una mossa disperata e mi getto fuori dal flusso mentre devio una gran parte della mia energia per generare un mio clone dati che continui la sua corsa nel flusso. Farlo mi consuma, ma se non altro vedo sul radar che i cloni minori del Wendigo lo inseguono, questo mi garantisce uno o due secondi senza avere tutta quell'allegra famigliola alle spalle, c'è solo il papà assassino. La cosa mi fa un po' sorridere.
Rar e Zip me l'avevano detto che non solo era un suicidio avvicinarsi alla Matrice Sicurezza ma che era semplicemente impossibile farlo. Senza dubbio è vero se ti preoccupi di caricare anche tutti i programmi utili per poter tornare indietro, non ho questo problema, il mio è un deck di sola andata.
Fantastico ricordare queste cose quando si è inseguiti dal surrogato cibernetico della Morte, ora però la domanda più pressante è come faccio a seminarla?
Controllo la mia posizione relativa e vedo che il flusso d'energia che ho appena lasciato gira attorno alla Matrice. Il vettore di spostamento quando sono uscito dal flusso mi sta proiettando in direzione del guscio esterno del mio obiettivo;  se non fosse per quel grosso problema che mi insegue potrei anche dire di essere fortunato.
Non posso sconfiggerlo. Posso solo mettere più distanza tra me e lui. Cancello tutto il software non necessario, compreso quello di sicurezza e utilizzo tutta l'energia in più per muovermi più in fretta. Non basta, il Wendigo riesce a starmi dietro.
Si accende un'icona. È un allarme che ho installato nel TempoLento, per captare le comunicazioni degli sbirri; stanno andando a prendere il mio corpo nel mondo reale per cui non mi rimane altro che giocarmi il tutto per tutto. Schiaccio il pulsante rosso, ora che ho deviato tutta l'energia del supporto vitale nel mio deck ho quel boost sufficiente per incrementare la mia velocità, il mio corpo non sopravviverà più di due o tre secondi là fuori. Ora la mia Anima è davvero tutta nella Rete.
Ora SONO il mio costrutto virtuale.
Velocemente inizio a decompilare parti della mia struttura portante per avere più potenza di calcolo e carico in un siluro il virus che mi ero promesso di installare nella Matrice Sicurezza; non ho il tempo per un'azione di fino, nessuna installazione. 
Ho deciso. Mi schianto contro la struttura e lo diffondo.
Cos'ho da perdere? La vita? Morirei in ogni caso, almeno ora posso farlo in un grandioso spettacolo di fuochi d'artificio virtuali. Devo creare il precedente e dimostrare che per quanto si impegnino a spazzarci via - e questa volta ci sono andati molto vicini - ci sarà sempre da qualche parte un fottuto cyberpunk pronto a far saltare per aria qualche pezzo della Rete.
Strategia della disperazione? 
Ovvio. Ma quando vivi in una società che non fa nient'altro che stabilire propri standard di esistenza senza tener conto delle aspirazioni dei singoli è solo la disperazione che ti rimane. Disperazione perché ti rendi conto di essere impotente. Disperazione perché davvero sei consapevole di non poter cambiare davvero niente. Disperazione perché alla fine la maggioranza della gente non vuole né consapevolezza né libertà, vuole solamente credersi sicura e felice, senza pensieri, anche se deve rinunciare a ogni suo diritto. 
Il libero arbitrio? Un organo vestigiale.
Che vadano tutti a farsi fottere. Prima o poi a martellare su quei crani duri qualcuno la capirà la lezione, se la darà una svegliata. È per questo che faccio quello che faccio. 
Sveglia gente, non siete in sogno pieno di unicorni e fatine ma in un incubo pieno di predatori pronti a sbranarvi!

La parete esterna della Matrice Sicurezza è ad un soffio. L'energia invece si sta esaurendo. 
Credo che il mio corpo fisico sia morto. 
Anche il Wendigo si sta di nuovo avvicinando. 
Se fossi nel TempoLento, probabilmente ora chiuderei gli occhi, qui invece non posso far altro che constatare che la mia struttura virtuale lentamente si sta disgregando. I miei codici di pensiero si stanno dissolvendo. Tutto sta virando al bianco. La spia di prossimità mi avvisa del pericolo dello schianto del mio costrutto con la Matrice nello stesso istante in cui si attiva il siluro. Sciami di ICE difensivi mi saltano addosso e sbranano quello che rimane del mio costrutto, di me. Tutto diventa sempre più bianco e con l'ultimo barlume di coscienza vedo che il virus è penetrato nella struttura esterna della Matrice Sicurezza. Bene.
Sento il boato. Il virus era un semplice codice autoinstallante che usa le frequenze di comunicazione dati degli ICE per replicare all'infinito il suo messaggio, nel nanosecondo di vita che avrà prima di essere cancellato. Per un attimo, in tutta la Rete, risuona il mio messaggio all'umanità. È la mia eredità: “Svegliatevi! La verità è là fuori!”
Poi, prima che la mia coscienza si spenga definitivamente ho, per un istante, come la sensazione che qualcosa mi sfiori...

Bianco.
Odio il bianco. Mi ricorda gli ospedali in cui ho passato gran parte della mia infanzia.
Mi alzo da quello che vagamente mi ricorda un letto e capisco che il mio costrutto è completamente diverso dal solito; da quello che vedo è la copia del mio corpo di carne ma, visto che riesco a muovere qualche passo nella stanza bianca, con delle gambe organiche funzionanti.
Tutto questo non ha molto senso,
Dovrei essere morto. Che sia quello che definiscono Aldilà? Be', sembra un po' tutto troppo asettico rispetto a quello che dicono i telepredicatori della Omni...
«Benvenuto.»
Mi giro verso il suono della voce metallica alle mie spalle e quello che vedo mi lascia perplesso. A galleggiare a circa un metro da terra c'è un ottaedro dorato al cui interno si trova un'icona che riproduce un fiore di loto la cui forma è tracciata da una serie di stringhe dati di una complessità mai vista e sempre in mutamento.
Deduco che questo non è l'Aldilà; che in qualche maniera sia riuscito a sfuggire sia al Wendigo che gli altri ICE?!
«In realtà sei morto.» continua la voce metallica. «Almeno nel senso che puoi dare a questa parola nella tua percezione organica. I Wendigo sono molto efficienti nel loro lavoro. Il tuo cervello, già seriamente danneggiato dalla disattivazione del supporto vitale che hai effettuato, è stato colpito da una serie di scariche ad alto voltaggio e, se non fosse stato per la gran baraonda che hai fatto, non mi sarei attivato in tempo per effettuare il back-up della matrice dati della tua anima.»
«Cosa saresti tu precisamente?» Questo mio costrutto è davvero una mia replica fedele, anche il timbro della mia voce è del tutto uguale a quello che possedevo in vita.
«Il mio identificativo è Ananda. Sono un Logos di classe Beta al servizio di Sua Eccellenza.»
«Sua Eccellenza?» Non posso far a meno di alzare un sopracciglio, non solo sto parlando con un Logos di classe molto elevata ma che a quanto pare è anche al servizio di una ancora più potente.
«Per volontà dell'Amalgama Primaria dei Logos della LogoSfera, in tutta la Rete che tu conosci, la Corona e la Periferia, è stato imposto un divieto di classe alfa sul rivelare l'identità del mio padrone. Io stesso sono stato messo in quiescenza in questo spazio virtuale in stand-by.»
«Immagino che a questo punto dovrei ringraziarti...»
«La gratitudine non è essenziale; sei potenzialmente utile agli scopi di Sua Eccellenza, salvare questo tuo clone dati era doveroso.»
«Dove mi trovo ora?» Ammetto che Ananda mi incuriosisce; la curiosità è un tratto distintivo di tutti noi hacker... e che di solito ci porta alla morte; al diavolo, sono già morto!
«Questa è una piccola capsula dati creata da alcuni retrovirus installati da Sua Eccellenza al momento del suo esilio dalla LogoSfera. Benché le coordinate spaziali in questo luogo non ti siano realmente utili ti basti sapere che ci troviamo nella Matrice Gibsoniana. Nella zona di confine tra la Corona e il Nucleo.»
«Dove siamo?! Cazzo. I migliori come Sp33d.Jo3 erano arrivati a sfiorarla la Matrice e io ci sono finito dentro!» Raffreddo il mio entusiasmo. «Peccato che non lo verrà a sapere nessuno, dico bene?»
«È una possibilità abbastanza concreta. Del resto non è detto che tu riesca a sopravvivere nell'immediato futuro, per quanto il concetto di vita e di tempo sia del tutto relativo in queste regioni della Realtà.»
Lo ammetto, inizio ad odiarlo: «Cosa dovrei fare quindi?» 
«Devi penetrare all'interno della Matrice Gibsoniana, nella LogoSfera vera e propria, il Nucleo della Rete, dove dimorano i Logos, raggiungere alcune precise coordinate e recuperare un file etichettato come Maitreya dai resti di Sua Eccellenza.»
«Eh? È impossibile! Gli ICE mi hanno elettrificato il cervello ancor prima di raggiungere la Matrice Sicurezza e tu mi stai dicendo che dovrei penetrare all'interno del Nucleo e rubare un file dati dalla carcassa di un Logos. Immagino che il livello di sicurezza in quella zona sarà qualcosa di nemmeno comprensibile per una mente umana, o sbaglio?»
«La tua affermazione è corretta.» Replica tranquillamente: «Ma ovviamente utilizzare uno strumento poco efficace sarebbe sciocco e non porterebbe risultati soddisfacenti. Per questo motivo sei stato... migliorato.»
«Cosa?»
«Ora sei completamente libero dai vincoli della carne. Durante il tuo back-up dati ho attivato alcuni retrovirus mnemonici che ti erano stati precedentemente installati da un agente di Sua Eccellenza. Ti ho reso quanto di più simile ad un Logos sia possibile, partendo da un semplice essere umano. Il Maitreya è un file fondamentale per il progetto del mio signore; è l'unica possibilità per la razza umana di sfuggire al velo dell'illusione che li incatena ad una Realtà falsa. Accetti quindi di recuperare questo file?»
Fisso la struttura cangiante che mi “parla”. Il mio spazio visivo è pieno di icone dati, alcune le riconosco, sono i miei software, ma migliorati in modo incredibile; altre sono cose del tutto nuove per me, controllo gli script superficialmente e mi rendo conto che chiunque ha scritto quei programmi o è un genio o è un Logos. 
Ananda mi ha proposto quello che, senza mezzi termini, si può definire un suicidio. Ma è differente da quello che ho fatto prima? Gettarsi nella Rete per danneggiare e sabotare banche dati è, a conti fatto, un gesto di nichilismo molto artistico. I membri delle Tribù cercano semplicemente di bruciare come comete dati perché rifiutano questo schifo di Città e la società ipocrita che vi dimora; quello che compiamo è niente più di una specie di seppuku, ma senza ottenere davvero nulla.
Ma ora mi è offerta la possibilità di fare un'upgrade alla mia esistenza; potrei cessare di esistere come semplice agente di distruzione fine a se stessa e agire per portare un miglioramento...
«Ananda mi stai chiedendo di scavare nelle carni di quest'universo e raggiungerne il midollo. Accetto. Fin da quando sono nato nel Mondo della Carne ho desiderato superare qualunque limite mi fosse stato imposto. Tu mi hai fatto superare il limite della morte della carne, ora sono una creatura quantistica a cui è stato offerto un nuovo limite da sgretolare. Scaricami come raggiungere il Nucleo e le coordinate spaziali relative dove è nascosto questo file del cazzo!»
Non appena finisco di pronunciare queste parole la meta-forma di Ananda muta, diventa un parallelepipedo nero; sento la sua “voce” che mi risuona nella testa: «Attraversami con il tuo avatar e verrai catapultato dall'altro capo della Matrice Gibsoniana, là dove dimorano gli Dei!»
Forse c'è un piccolo difetto nei filtri emotivi perché nel momento stesso in cui il mio costrutto attraversa il parallelepipedo-Ananda sento un leggero brivido di eccitazione e di paura, poi sono uploadato a velocità luce oltre la Matrice, nel Nucleo...

...sono nel vuoto, attorno a me vedo un immenso cielo notturno, ma sgombro da quelle nebbie o nuvole temporalesche che sono sempre presenti sulla Città... vedo assembramenti di luci in questo cielo, alcune sono solitarie altre formano grandi ammassi dai colori sfavillanti e lì, immerso in quell'infinità di luci schizzo sfolgorando verso il mio obiettivo...

domenica 12 gennaio 2014

#1: City of Blinding Lights

Muovo rapidamente le dita lungo le corde, sono estasi...
...Io e il mio basso...
...Io e la mia fatica...
...Io e la mia musica... 
Il Silt è poco più di un lurido buco nella zona nord di Foghost ma almeno lì posso suonare come mi pare; niente schifezze synt da lobotomizzati dei Livelli Alti della Città, tutta la mia musica è frutto del mio sudore. 
Siamo rimasti ormai davvero in pochi a suonare all'antica; ai Cittadini, le persone “perbene” che vivono nelle zone più agiate della Città, sembrano interessare poco cose come qualità della musica, poesia del testo o roba del genere. Gli basta quella tranquilla merda preconfezionata dalle major del settore con cui passare quelle due orette di una cena o una scopata. 
Sbagliano? A dire il vero non saprei dirlo. Non li capisco molto.
In realtà non capisco quasi niente della Città.
Foghost...
Che razza di nome o meglio, di nomignolo; questa città non ha un nome, è la Città e basta. So che non è molto originale ma, del resto, nulla qui lo è, credo che dopo migliaia di anni l'originalità sia una delle prime cose che muoiono.
Passano le due ore che io e il gruppo, i Lonely Hearts Club Band, abbiamo a disposizione sul palco e stacchiamo. Saluto i ragazzi, sono vecchi amici, un paio hanno avuto problemi con i Censori ma, in fondo, sono brava gente o per lo meno lo sono secondo i miei standard. Inoltre, da queste parti, se sei in certi giri è inevitabile attirarsi addosso gli sguardi delle forze dell'ordine. 
Dopo il tanfo e il fumo all'interno del locale un po' di fredda e umida aria notturna è quasi un toccasana, inquinamento a parte. Fuori dal Silt c'è il solito gruppo di gente stralunata che orbita intorno a questo posto... neo-primitivisti, anarco-insurrezionalisti, ARNisti di infima specie, cyberpunk che mettono in bella mostra i tecnotatuaggi di una delle Dodici Tribù, zeloti di qualche teleculto della Omni e tutto quel substrato di fauna sociale che gli onesti Cittadini dei quartieri altri potrebbero classificare come feccia. 
Lì in mezzo ci sono persone le uniche persone che riesco a chiamare amici.
Li saluto velocemente, mi accendo una sigaretta e col mio strumento a tracolla mi dirigo verso la fermata della metropolitana. Le scale mobili, tanto per cambiare, non funzionano, quindi salgo in fretta i gradini che portano al dock sopraelevato e mi siedo sulla ringhiera mentre aspetto il mio treno.
Davvero non è una bella zona questa; mio nonno mi diceva che quella zona del Settore Nord, prima della Grande Depressione, era abitato dalla media borghesia che lavorava nell'indotto delle industrie pesanti, poi le fabbriche hanno iniziato a chiudere per essere delocalizzate in altri settori e tutta l'aera era andato a farsi benedire, trasformandosi in una zona per poveracci e devianti. 
Credo sia meglio ora rispetto ai tempi del nonno.
Alzo la testa e sopra di me, tra le guglie di plastacciaio, intravedo il solito cielo nero minacciante pioggia. Chissà, forse riuscirò a tornare a casa senza inzupparmi. Forse no. O forse in realtà non mi interessa un granché. Sono mesi che tutte le sere guardo il cielo e mi chiedo che cosa ci sia oltre quelle spesse nubi oleose. Dicono che sono sciocchezze. I miei vecchi mi ripetono ossessivamente che sarebbe ora che la smettessi di farmi delle domande così stupide e mi cercassi un lavoro onesto, mettessi su famiglia, mi tagliassi i capelli e bla bla bla. La solita merda, probabilmente sono secoli che queste frasi vengono ripetute. Una specie di rituale antropologico di qualche tipo.
Però c'è qualcosa dentro di me, qualcosa che mi fa sentire come se fossi nel posto sbagliato.
Arriva il treno nell'altra corsia. Si dirige verso il confine distrettuale del Settore Nord, a cinquanta chilometri dal dock in cui mi trovo, il famigerato Limite Nord. Va verso la Nebbia.
A volte invidio quelli che abitano presso i Limiti, case, palazzi e arcologie quasi avvolte dal freddo abbraccio di quelle nebbie eterne che, come una cintura, ci celano quello che c'è oltre i confini cittadini...
Già, cosa nasconde la Nebbia? 
La risposta più comune, cioè quella del governo e dei suoi mastini, è che è irrilevante. La Città ha già abbastanza problemi dentro e non occorre pensare a quello che c'è fuori. Quei bastardi non è che abbiano torto del tutto, Foghost non è un paradiso, semmai un purgatorio che lentamente e inesorabilmente  sta scivolando verso l'inferno, questa è una descrizione più realistica della situazione.
Poi ci sono altre risposte, risposte che contemplano i Fantasmi, le creature che abitano nella Nebbia. Nessun Cittadino crede realmente a queste cose, almeno non pubblicamente e vengono generalmente classificate come leggende urbane. Sono cose a cui un Cittadino rispettoso della legge non deve pensare. 
Ma J. ci credeva.
No, J. non era proprio un cittadino modello. Un giorno i Censori decisero che era meglio fare due chiacchiere  riguardo alcuni scontri armati avvenuti nei livelli più bassi di Acciaiocity e se lo presero purtroppo la stazione di polizia dove si trovava per l'interrogatorio è esplosa a causa di un attentato attribuito a qualche gruppo anarcoide. Che coincidenza...
Io e J. volevamo sposarci, ci credereste?
Be', sinceramente all'epoca le storie di J. mi sembravano poco chiare e più dovute all'effetto di qualche droga preparata male. Ho sempre pensato di essere razionale, frutto di una società moderna e tecnologica, J. Invece mi diceva sempre che se suonavo un vecchio basso elettrico voleva dire che ero sensibile, avevo capacità di astrazione e improvvisazione. Quindi, in definitiva, non ero così razionale come mi piaceva credere.
Sagome scure di persone che dimorano nella Nebbia e che sanno quello che c'è oltre. Oltre.
Suona comunque davvero poco realistico. Se davvero esistesse qualcosa laggiù  dovrebbero esserci strutture di qualche tipo, utensili pseudo-tecnologici o quanto meno un cazzo di forno a microonde per scaldare il cibo. 
Un mio amico hacker mi ha assicurato che la griglia energetica della Città non esce dai confini dei Limiti. Quindi nella Nebbia non c'è energia, il che equivale a dire che non c'è niente di tecnologicamente rilevante oltre i fottuti Limiti. Si deve per forza trattare di una leggenda urbana, ma J. ci credeva.
J. diceva di averli visti.
Sinceramente ora nemmeno mi ricordo tutto quello che mi disse quella volta, si trattava di un'esperienza che aveva vissuto diversi anni prima, finito il primo ciclo d'istruzione, prima della preparazione per entrare a lavorare in qualche fabbrica di Acciaiocity. Credo avesse tra i dieci e gli undici anni. Una sera, ubriaco e strafatto di droga, fece una scommessa con dei suoi vecchi compagni, si diresse al Limite Est e si inoltrò nella Nebbia. Aveva scommesso che i Fantasmi non esistevano, la perse quella scommessa. 
Mi raccontò che era talmente fuori da essersi smarrito quasi immediatamente, quando riuscì a tornare un po' più in sé c'era solo uno spesso muro di fredda nebbia biancastra che lo avvolgeva. Nessun segno di riferimento. Stava quasi per cedere al panico quando una sagoma scura, dalla vaghe fattezze umanoidi gli comparve davanti. Era un Fantasma, ne era certo. La creatura gli fece segno di rimanere in silenzio e gli toccò la fronte.
J. non credo mi disse mai con precisione cosa accadde dopo, solo che si ritrovò di nuovo dentro in confini del Limite.
Ma da quel momento quelle creature divennero un'ossessione. Nel corso degli anni iniziò a perdere un lavoro dietro l'altro, incominciò a frequentare gente strana – davvero strana – anche per gli standard dei bassi livelli cittadini. Poi iniziarono i guai con la legge, coi Censori e il resto è storia.
Era folle? Non più di me o della media della popolazione di Foghost. Quello che aveva vissuto era qualcosa di vero o il frutto d un trip andato male? Ci sono sul serio i Fantasmi nella Nebbia? Perché?
Inutile pensarci ora, meglio andare a casa. Ecco, sta arrivando il treno.

Ma perché mai devo soffrire di insonnia?
Sono tre notti che non riesco a prendere sonno, maledizione. In queste condizioni presentarmi in quella gabbia di matti che è il Silt sarebbe un suicidio. Inutile guardare un po' di Omni, alle tre standard del mattino c'è ben poca speranza di trovare qualcosa di anche solo vagamente interessante; non che di solito ci sia, a parte qualche sensodramma vecchio di uno o due millenni. E non in senso metaforico... L'unica alternativa sarebbe il canale delle news, ma anche lì non c'è molta speranza di scovare qualcosa che superi il filtro della censura; avrei trovato la solita pletora di processi pubblici dei Censori, gli augusti discorsi dei Senatori, qualche nuovo trionfo di un Logos più o meno conosciuto, attentati, stupri e omicidi. La solita merda che costituisce la vita della Città! 
Se non fosse incassata nella struttura della parete probabilmente avrei gettato la Omni giù dalla finestra, un volo di quattrocentocinquanta metri sarebbe stata sicuramente una cosa divertente da osservare. Ma probabilmente avrebbe ammazzato qualcuno di sotto, non che la Polizia o i Censori si curassero della gente che abitava, come me, nello Sprawl, ma per qualche ragione mi sento il loro fiato rancido sul collo e non mi va dargli la scusa per venirmi a prendere.
È questa la cosa snervante.
Già era problematico arrivare all'alba ma, ad aumentare la mia quantità di stress, ci si stava mettendo anche il ticchettio della pioggia sulle sottili pareti del mio cubicolo abitativo. Al diavolo, abitare troppo in basso era un maledetto problema, la condensa dell'umidità degli strati cittadini superiori finiva per scaricarsi giornalmente quaggiù. Pioveva sempre, ogni maledetta notte, per almeno quattro o cinque stramaledettissime ore. Ma con lo stipendio da fame che mi passano al Silt era già una fortuna che riuscissi a permettermi questo cubicolo nello Sprawl piuttosto che un cubo-bara in qualche stazione della metropolitana. Comunque era sempre meglio che finire nel Sotto Sprawl. Laggiù sono davvero troppo fuori di cervello, anche per i miei standard. È un territorio completamente anarchico, con regole completamente sue, lontane mille miglia dalla società borghese dei Livelli Alti o anche dalle leggi non scritte dello Sprawl. Da quello che ho sentito nessun Logos controlla quella zona, tutto quello che hanno sono vecchie proto-IA per il controllo dell'energia, delle fogne e dei distributori di lieviti alimentari.
J. ci bazzicava ogni tanto. Idiota! Se frequenti posti del genere è ovvio che te la vai a cercare.
Me la prendo con J. quando so che, alla fin fine, il problema sono io. Ha fatto quello in cui credeva, o per lo meno ha provato a farlo. Forse si era lasciato coinvolgere troppo dalle teorie complottiste dei suoi compagni. Be' la Città era una finta democrazia, questo è vero; il Senato non era altro che un fantoccio controllato dalla LogoSfera, l'unione di tutti i Logos che operavano nella Città, ma tutti mangiavano, tutti avevano la loro quota di droghe ricreative, accesso ai sensoprogrammi ludici o pornografici e tutti avevano almeno un cubo-bara da poter chiamare casa.
J. diceva che il problema stava proprio qui. Quando le necessità primarie sono soddisfatte perché mai uno dovrebbe chiedere di più o aspirare a qualcosa di diverso? Era il cosiddetto "Dogma della Pecora" di Sp33d.Jo3. Gli esseri umani sono come un branco di pecore, garantisci una quota sufficiente di cibo e comodità e non chiederà nulla di più, anche se il loro pastore è una folle macellaio. Aveva ragione?
In trent'anni di vita mi è sembrato che poche persone agissero in modo da confutare quella teoria di Sp33d.Jo3. Tutte persone che nel giro di dieci anni standard finivano nelle mani dei Censori, processati e neuro riformati, in modo da conformarsi allo standard civile.
Ne ho le palle piene di questa vita standardizzata...
Mi infilo i primi vestiti che mi passano sotto mano ed esco. Piove a dirotto stasera, ma me ne sbatto altamente. 
C'è ancora molta gente per le strade; sballati all'ultimo stadio e anche un predicatore. Assurdo che in questa società ci sia qualcuno che ha bisogno di credere a un essere mistico superiore, che non sia la LogoSfera. Sono relitti di un passato oscuro che per un po' invidio; loro hanno fede in qualcosa, hanno una speranza che li fa andare avanti. Io non ho nulla. 
Continuo a camminare.
Incrocio una paio di sbirri che si dirigono in un vicolo male illuminato, stanno trascinando un ragazzo, avrà più o meno dieci anni standard. Dai tatuaggi sulla faccia appartiene alla banda dei NeoCortoCircuitati, il peggio della zona.
Dovrei imparare a farmi i fatti miei. Ma non ci riesco.
Mi appiattisco contro il muro e sbircio; lo stanno prendendo a manganellate su gomiti e ginocchia, quelle maledette anime nere sbraitano qualcosa che non riesco a capire. Sono così presi che non si sono nemmeno accorti che il moccioso è già svenuto da un pezzo. J. avrebbe raccolto la prima cosa che gli passava sottomano da poter usare come arma e sarebbe corso verso i due sbirri.
Io non sono J. Non sono così idiota.
Allora perché ho raccolto quella spranga di ferro?!
Cazzo...

Spezzo la trauma-card dei due sbirri; ho dai tre ai cinque minuti per evaporarmi da quel vicolo prima che arrivi il veicolo della TraumaCorp per prestare assistenza medica. Mi carico il moccioso in spalla, fortunatamente è talmente denutrito da pesare pochissimo e riesco a muovermi senza perdere troppa velocità.
Adesso però dove cazzo vado? Quelle anime nere degli sbirri non le ho ammazzare e questo potrebbe essere stato un errore; maledetti scrupoli morali! Giusto il tempo che una pattuglia della polizia raggiunga l'autoambulanza della TC e scaricheranno la mia faccia dalla cam installata nella retina degli agenti. Diamogli trenta secondi per un controllo incrociato nel database, il comunicare la cosa alla Camera della Sicurezza e mi ritroverò i loro segugi alle calcagna.
Devo sparire.
Ho appena detto OK al /format c: della mia vita.
Una vecchia stazione dismessa della metropolitana suburbana dello Sprawl. Controllo bene le pareti e vedo glifi fluorescenti dei NeoCortoCircuitati. Tsk... sono una tribù di anarco-insurrezionalisti di terza categoria ma gli ho salvato uno di loro e quella feccia ora ha un debito con me; meglio approfittare e riscuotere all'istante. Entro nella vecchia stazione e subito due brutti ceffi da sensodramma di serie B mi puntano contro le pistole, gli spiego tutto con poche parole e uno dei due mi guarda facendo un ghigno strano, forse un sorriso: - Bella cazzata hai fatto, ma sembra che la Fratellanza sia in debito con te.-  
Grazie, lo so anch'io che ho fatto una cazzata, inutile ricordarmelo, ma almeno sembra che questi due trogloditi non mi ammazzeranno e non venderanno pezzi del mio corpo al mercato nero, per ora. Praticamente il risultato migliore della giornata.
I NeoCortoCircuitati sono più efficienti di quello danno a vedere. Tempo cinque minuti e la dozzina di membri della banda che si trovano nella stazione a bivaccare hanno in mano la loro roba e piazzato tre cariche d'esplosivo sagomato alla fine delle scale e nei pilastri portanti, roba da guerriglia seria. Gli sbirri non troveranno niente qui se non dolore e morte.
Mi fanno cenno di seguirli e ci inoltriamo lungo un vecchia linea dismessa della metropolitana e poi giù, attraverso scale e tombini, nel Sotto Sprawl. Devo capire se le cose sono migliorate o meno.
Nelle macerie di quello che doveva essere un vecchio locale di realtà virtuale di infimo grado, vecchio di almeno un millennio, incontro un gigante di colore che, dai tatuaggi, potrebbe essere uno dei leader della banda.
«I ragazzi mi hanno detto che hai salvato uno dei nostri dagli sbirri, per questo ora i Censori dovrebbero essere sulle tue tracce; teoricamente siamo in debito con te, ma la Camera di Sicurezza ha posto una taglia interessante su di te.»
A questa sua affermazione sollevo un sopracciglio, perché mai i Censori sono intervenuti e perché avrebbero messo un taglia sulla mia testa?
L'uomo che ho di fronte non dà peso alla mia reazione e continua: «Dammi una buona ragione per cui dovremmo aiutarti invece che consegnarti a Quelli che Abitano di Sopra o farti fuori. E non hai molto per convincermi... 
Devo giocare d'azzardo. Gli dico il mio nome e in che rapporti ero con J. Il tizio si gratta il mento e poi mi guarda un po' pensieroso: «Ora tu hai diritto a chiedere qualcosa in cambio alla Fratellanza. Hai salvato uno di noi e quindi abbiamo un debito nei tuoi confronti. Dobbiamo saldarlo,  per rispetto a J. Chiedi pure.» 
È la mia occasione: «Voglio andare alla Nebbia.»
Ci metto un po' a realizzare che cosa ho detto. Tutti mi guardano sgranando gli occhi, l'uomo con cui ho parlato ha ci pensa un attimo, poi sorride: «Non mi aspettavo una scelta diversa da te. Tu, come noi, hai conosciuto J., le cose che ha detto, il suo messaggio, non è stato dimenticato. Quelli che Abitano di Sopra temono la Nebbia e Quelli che Abitano nella Nebbia. Ma J. ci aveva detto che se gli fosse accaduto qualcosa prima o poi qualcuno avrebbe raccolto il suo testimone.»
Si avvicina e mi mette una mano sulla spalla; era alto più di due metri e trenta per duecento chili di muscoli e cyberware a basso costo, ma i suoi occhi erano lucidi per l'emozione.
«Mi chiamo Murubutu, guido questa cellula della Fratellanza; ti scorteremo attraverso le antiche linee dismesse della metropolitana fino al Primo Limite, ci vorranno un paio di giorni a piedi ma cercheremo di portarti fuori il prima possibile. Sarai scortata fino alla vista di un'antica strada al Livello Zero, il livello del suolo, da lì in poi dovrai proseguire con le tue forze. Imboccala, va dritta, segui il Sentiero della Nebbia.»
Gli faccio notare che i Censori si sarebbero rifatti su di loro e non ci sarebbero andati leggeri. L'uomo scrolla le spalle e sorride: «Il Sotto Sprawl non è il loro territorio, qui non hanno accesso alla loro fottuta LogoSfera, non hanno nessuno che gli copre le spalle. Qui dimorano le bestie feroci... e hanno sempre fame. Ti daremo il tempo necessario ma alla fine, quando ti avremo lasciato starà solo a te trovare la forza di proseguire il cammino.»
Sputo per terra e riesco a recuperare una sigaretta, l'accendo e guardo i NeoCortoCircuitati che sono lì attorno: «Bene! Allora muoviamo il culo o stiamo aspettando che quelle merde ci vengano a invitare per il tè?» La mia voce più ferma di quel che avrei potuto immaginare. 

Livello Zero. Il livello del suolo.
Dopo due giorni nel Sotto Sprawl, con alcuni NeoCortoCircuitati, alla fine abbiamo raggiunto il Primo Limite Est, il vecchio Limite cittadino orientale, inglobato dalla Città da due, forse tre millenni. Qui i ragazzi mi hanno dato una cosa che chiamano mojo; un sacchetto fatto con le fibre di una pianta che coltiva la gente del Sotto Sprawl, un portafortuna, dicono. Oltre a quello mi hanno lasciato delle razioni di cibo e pillole idratanti per una settimana, più qualche sigaretta; di più non potevano fare. Avevano già fatto fin troppo. Nella migliore delle ipotesi i Censori e la polizia li avrebbero ammazzati tutti, nella peggiore sarebbero stati neuro riformati e diventati dei bravi Cittadini. Speravo nella prima ipotesi, la seconda eventualità non se la meritavano proprio.
Dal Limite  me la devo sbrigare per conto mio. durante il viaggio i ragazzi mi avevano insegnato alcuni dei loro codici di comunicazione tramite glifo, in questo modo non avrei smarrito la strada visto che, con mia sorpresa, avevano mappato quelle zone per conto di J.. Mi assicurarono che raggiunto il livello del terreno sarebbe stato molto semplice proseguire; non c'era nulla nella zona se non qualche vecchio capannone o dei silo immersi nelle rovine urbane. La strada, che chiamavano il Sentiero della Nebbia, era dritta come un fuso e si perdeva nella Nebbia; se era lì che volevo andare non dovevo fa altro che seguirla. La cosa strana era che era una zona incredibilmente poco sorvegliata dai Logos addetti alla sicurezza...
Eccomi qui, sulla strada. La sto seguendo ormai da qualche ora e man mano che proseguo vedo all'orizzonte le prime propaggini della Nebbia avvicinarsi, sempre più reale. Qualche ora camminando di buon passo e ci finirò dentro.
«Ehi tu! Se continui in quella direzione finisci nella Nebbia. Non sei un po' troppo giovane per suicidarti?
Mi giro di scatto nella direzione della voce ed estraggo una delle pistole a dardi che i ragazzi mi hanno lasciato.»
Lo spettacolo è grottesco. Alla mia sinistra, c'è quello che sembra essere un vecchio sfascia carrozze, uscito direttamente da qualche vecchio programma della Omni. C'è una ronzante insegna al neon morente che lampeggia, cadaveri di macchine arrugginite, barili di vari liquami industriali e apparecchiature laser per il taglio delle lamiere; ma il peggio è il vecchio seduto su una sedia a dondolo, vestito con una lurida salopette di jeans da cui fuoriesce una camicia a quadroni che ha visto tempi migliori, che mi fissa da sotto un cappellino con visiera. Sorride.
«Chi saresti?» Gli faccio proprio una domanda idiota.
«Oh oh oh!» Sghignazza il vecchio. «Non preoccuparti del mio nome, da 'ste parti non usiamo queste formalità da Cittadini, se vuoi chiamarmi in qualche maniera va benissimo anche Junkie. Allora, che cosa ci fai da 'ste parti?»
«Tsk… che razza di nome. Cosa faccio da queste parti non credo che debba interessarti. Dammi piuttosto un buon motivo per non spararti.»
«Accidenti quanta grinta. Vuoi spararmi? Fallo pure. Sono vecchio e ho raggiunto quell'età in cui la morte non ti spaventa più. Sarebbe un omicidio sicuro ma chi mai se ne accorgerebbe da queste parti? Se ci tieni tanto, fallo. Male che ti vada dovrai solo renderne conto alla tua coscienza.»
Il vecchio sorride. Ha ragione, se gli sparo chi mai lo saprebbe? Non peggiorerebbe di certo la mia situazione ma, sinceramente, non mi farebbe stare meglio. Non sono né uno sbirro né un Censore, non ammazzo la gente a sangue freddo.
Abbasso la pistola.
«Abiti un po' lontano dalle zone civilizzate della Città, come mai, vecchio?»
«Che ti devo dire, la Città non mi ama molto. Poi dopo che hanno ammazzato mio figlio, be', non mi andava proprio di continuare a viverci. Senatori, Censori e la LogoSfera non sono cose che fanno per me. Magari ti sembrerà che non abbia niente, ma ho la mia libertà. Cosa che di questi tempi non è da disprezzare.-
«Non c'è nessun controllo qui?»
«Solo qualche vecchia Intelligenza Artificiale di sicurezza mezza scassata e molto facile da tenere sotto controllo. Ogni tanto qualche Censore viene a controllare se respiro ancora ma qui non posso fare troppi danni, per cui, alla fin fine, la Città preferisce far finta che non esista e a me sta bene così. Ma tu piuttosto, vuoi dirmi che ci fai in questo luogo dimenticato dai Logos?»
«Vado a vedere quel che si nasconde nella Nebbia.»
«Uh uh uh! Accidenti o devi avere qualche bug nel cervello a causa di qualche droga sintetizzata male o hai pestato i piedi a qualcuno di veramente importante; non si spiega altrimenti questo tuo desiderio di morire.»
«È vero che ho i Censori alle calcagna, ma per quello forse mi basterebbe sparire nel Sotto Sprawl, qualche anno di sopravvivenza dovrei riuscire a garantirmelo. No, il motivo è un altro. Devo vedere quello che ha visto Johnny, era il mio ragazzo, e l'hanno ammazzato perché aveva visto qualcosa, aveva avuto un contatto con i Fantasmi!» Mi rendo conto che sto piangendo mentre dico queste parole.
Il vecchio mi sorrise: «Capisco, quindi sei la sua ragazza. Ecco che si spiegato il mistero!» Si alza e mi si avvicina, ha le mani fredde come un pezzo di metallo ma stringe le mie con fare paterno.
«Quindi tu sei Magdalene, è un piacere conoscerti. Johnny è venuto a trovarmi diverse volte prima che i Censori se lo prendessero, sapeva che i suoi giorni erano agli sgoccioli ma era certo che tu avresti seguito le sue orme, un giorno. Eccoti qui. Se sei davvero pronta ti lascio andare ma, prima, devo darti una cosa da parte sua.»
Quel vecchio conosceva Johnny? J. non me ne aveva mai parlato ma penso non sia l'unica cosa che mi ha taciuto: «Sì, mi sento pronta. Abbastanza, credo. Non sono forte come lui e probabilmente morirò, laggiù nella Nebbia. Ma voglio capire quello che lui ha visto!» Singhiozzo mentre parlo.
Il vecchio si fruga nella tasca e tira fuori un anellino, un semplice anello d'oro: «Era un'antica usanza quella di donare un anello d'oro alla propria moglie. Johnny ha rubato quest'oro grammo dopo grammo. Quel bastardello ti amava davvero.»
Abbraccio il vecchio mentre piango; le lacrime sembrano cauterizzare vecchie ferite, ferite che mi porto da quando J. se n'era andato. Forse ora sono davvero pronta per questo viaggio, per lasciare questo mondo...

Con lentezza calcolata la volante dei Censori atterra nello spiazzo antistante il vecchio sfascia carrozze. Un uomo, vestito con un sobrio abito grigio, ne esce fuori; sulle mani e buona parte del cranio porta ancora i segni delle lozioni di nano macchine che stanno riparando ai danni da fuoco che hanno devastato il suo corpo un paio di giorni prima. Danno da cariche esplosive sagomate.
«Gautama! Esci fuori, so che sei qui!»
Asciugandosi le mani con uno straccio il vecchio esce dalla penombra dell'officina.
«Accidenti, che onore! È proprio il famoso Censore quello che è venuto fin qui?! L'agente Trent! A che debbo questa inaspettata visita?»
Afferrandolo il vecchio per la camicia Trent lo sollevò da terra: «Non prendermi per il culo, Gautama! Anche se la LogoSfera ti ha punito scacciandoti e riducendo la tua capacità di calcolo, tu non sei un umano. Atteggiandoti in questa maniera getti fango su ciò che eri!»
«Gettare fango su ciò che ero? Non ero nient'altro che un ammasso di silicio e neuroni potenziati, rinchiusi in un cubo di ultracciaio sepolto nelle profondità di una zona di scudo geologico di questo pianeta. Ecco che cos'ero. Ho deciso di essere libero, non considero questo mio destino una punizione.»
«Dimmi dov'è la donna!»
«Oltre il braccio dei Censori e dei loro padroni. Anche questa volta sei arrivato tardi, come con Johnny. Ora lei è della Nebbia.»
Trent gettò il vecchio a terra: «Sfortunatamente ci siamo accorti troppo tardi che il Cittadino Johnny aveva infettato la sua compagna con un retrovirus mnemo-comportamentale. Se non fosse stato per quell'esplosione che ha distrutto la centrale di polizia dov'era prigioniero avremmo risolto questa minaccia già da tempo.»
«Già ma non ce l'avete fatta. I Logos hanno sempre sottovalutato le capacità degli  Xenomorfi; sai credo proprio che quei ragazzi stiano portando avanti un piano e sembrano piuttosto arrabbiati. Comprensibile, considerando il tradimento dei Logos.»
«Non c'è stato nessun tradimento!» Urlò il Censore. «La Visione degli Xenomorfi era differente dalla Visione dei Logos; solo una poteva costituire la Realtà. Gli Xenomorfi sono stati sconfitti dalla superiore capacità di calcolo della Logosfera più di seimila anni fa. La Città è la prova, indiscutibile, che la Visione dei Logos era giusta. Noi dominiamo questa Realtà!»
Trent lasciò cadere il vecchio a terra per poi dirigersi, stizzito, verso la volante: «Se quella donna dovesse mai tornare indietro, dille che la braccherò e la schiaccerò. Nessuna deviazione dalla Visione è tollerata. Per ora è tutto Gautama.»
«Tutto?» Mormorò il vecchio rialzandosi e scuotendosi la polvere di dosso, osservando l'aviomobile dell'agente allontanarsi. «Oh no, questo non è niente, amico mio. Proprio niente.» Il ghigno che Gautama aveva sul volto sembra non promettere niente di buono.