lunedì 27 gennaio 2014

#2: Wake Up

Metallo.
Questo è l'unico sapore che adesso riesco a sentire, quasi tutte le terminazioni nervose della mia lingua e del mio naso sono andate a farsi fottere. Sono stato io a disattivarle. Non è poi un gran dramma in fin dei conti. Dove voglio andare non ho bisogno né del gusto né dell'olfatto; nell'Impero del Silicio e del Quanto quello che mi serve è tutto il neurospazio possibile per aumentare la capacità di calcolo della mia interfaccia dati e per immagazzinare un arsenale software di prima categoria. I sensi occupano solo  memoria inutile e non me ne importa niente se così facendo il mio corpo fisico è ridotto a una larva sbavante...
Quello non sono davvero io.
I check up sono quasi completati; l'hardware funziona perfettamente, ma voglio essere scrupoloso quindi meglio lanciare i programmi di diagnostica per un secondo giro di controlli con simulando nuovamente i vari scenari. Meglio esagerare ora con gli stress test che trovarsi nella merda laggiù, nel cyberspazio.
Bene... fatto.
Completando la compilazione dell'ultimo dummy ho finito di programmare i software di cui ho bisogno per quest'avventura ora devo solo caricarmeli in memoria; faccio una cosa analoga con i bio-diagnostici e le routine di supporto vitale caricate negli hard disk esterni. Tutta l'operazione ha richiesto cinque, sei secondi; è poco tempo per la PercezioneCarne dei Cittadini che vivono nel Tempolento, un'infinità per quelli come me, assuefatti alla PercezioneSilicio del Tempoveloce e che riescono a sentirsi vivi solamente quando sono immersi nella realtà della rete dei Logos.
La LogoSfera.
Il luogo dove rifulge la mia vera Essenza. Quella fatta di Anima e Quanti. Perché? Perché sono un fottuto cyberpunk.
Ho due secondi per caricare e concedermi una sessione di meditazione, lo spirito deve essere forte quanto il software nel deck, sennò si è codice flat in tempo instant dove sto per andare.
Per un attimo, per l'ultima volta, ritorno alla mia PercezioneCarne, al TempoLento. Guardo quello che mi è attorno, i muri scrostati del loft dove dimoro, il basso vintage che mi ha lasciato un'amica prima di scomparire qualche giorno fa e l'olopic in cui io, Johnny e Murubutu facevamo gli idioti. Letteralmente una vita fa.

Te lo dissi J. che l'avrei fatto.
Ora sto per farlo.
Questa notte tutti quelli con accesso alla LogoSfera vedranno una scintillante cometa di luce cromata schiantarsi nel Nucleo Profondo; là dove solo i migliori, nei loro sogni più folli, sperare di andare.

Chiudo gli occhi. So consapevole che non li riaprirò mai più, questa volta sto abbandonando definitivamente la Carne.
Perché lo faccio?
Perché posso. 

Login effettuato con successo...
Benvenuto nella Rete Cittadina...

Bene, sono dentro. I sistemi di attenuazione dell'adrenalina e i filtri emotivi stanno facendo un buon lavoro, dai miei bio-dati capisco che non c'è nessuna agitazione in me. Il punto d'accesso alla Rete in cui mi trovo sembra una delle tante stazioni della metropolitana della Città dei livelli borghesi, solo infinitamente più pulita e ordinata; come ogni stazione della metro è affollata ma, invece che da esseri in carne e ossa, da una un'enorme quantità di avatar di utenti, sub-routine dati, software semi-intelligenti e icone di pacchetti dati in transito per chissà che regione della LogoSfera.
L'importanza di questo NodoDati è secondaria nel contesto della griglia informatica cittadina, non ci dovrebbe essere una gran sorveglianza ma da buon professionista quale sono preferisco non correre rischi inutili. Farmi friggere il cervello da un Black ICE ora sarebbe da perfetti idioti, oltre che da dilettanti.
Ho mascherato adeguatamente il codice d'accesso che ho “preso in prestito” ma, per maggior sicurezza, faccio partire alcuni dummy con delle traiettorie dati pre-impostate mentre attivo un paio di macro di controllo e piazzo una cimice per monitorare questo posto. Ci sono diversi utenti ma le IA preposte al controllo della sicurezza della Rete sono conosciute nel giro per essere davvero bastarde. Inizializzo un programma di mascheramento mentre attivo alcuni software che creano una serie di miei cloni virtuali, poi “ci” dirigiamo verso lo snodo dati più vicino e così l'anonimo avatar che ho selezionato nell'upload quando sono entrato ora viene percepito dai software di sicurezza del NodoDati come un semplice pacchetto dati. Imposto una sequenza di spostamento random all'interno delle porzioni secondarie di questa zona della Rete per me e per i miei cloni, il virus replicane innestato nel nostro codice farà in modo che a ogni snodo incrociato lungo la via o io o uno dei cloni venga replicato un numero casuale di volte. 
Con un po' di attenzione dovrei, nel giro di qualche secondo, riuscire a creare una legione di miei analoghi virtuali... con tanto di pacchetto regalo per i Logos e per gli altri utenti che saranno connessi quando verrà il momento...
Mi rendo conto che il mio maggiore problema, come hacker, è dovuto alla percezione. Benché potenziato ciberneticamente, il mio cervello rimane essenzialmente biologico, i suoi percorsi logici sono fondamentalmente umani e legati alla sua biochimica organica di base. Per quanto possa impiantare cyberware e effettuare trapianti e sostituzione di massa neuronale o suoi bio-surrogati, la mia capacità di calcolo rimarrà sempre inferiore non solo a quella dei Logos ma anche alla maggior parte delle IA di basso livello, per questo so come andrà a finire questa gita nei meandri della Rete...
Per quanto ne parlassi spesso con J. non ero mai stato realmente intenzionato a compiere un gesto del genere; alla fin fine sono un essere umano e gli esseri umani di solito non cercano attivamente di suicidarsi, per quanto il fatto di essere un cyberpunk faccia pensare ai comuni Cittadini il contrario. Solo che i Censori hanno calcato un po' troppo la mano ultimamente, qualcosa bolle in pentola, il più è capire cosa. Qualcuno di noi ammazzato da quei bastardi è normale, il pogrom degli ultimi giorni no. Quella feccia dall'anima nera non solo ha rilasciato un Black ICE di nuova concezione, il Wendigo, ma sono andati a cercarli direttamente nelle loro tane per eliminare fisicamente quelli che miracolosamente erano riusciti a schivare il loro dannato software assassino. Questa volta non si erano accontentati di friggere cervelli, ma volevano anche fare a pezzi corpi. 
Nel giro di poche ore tutte e dodici le Tribù hacker della Città erano state spazzate via. I pochi sopravvissuti o si erano rifugiati nel Sotto-Sprawl, nella speranza di sopravvivere in quella fogna sub-tecnologica, separati per sempre dalla Rete, o tentavano attivamente di suicidarsi compiendo atti di ritorsione contro Censori e Logos, in nome di una beneamata rivoluzione culturale e delle coscienze di cui, volendo esser sinceri, non fregava un cazzo a nessuno.

Quando il timer scatta devio dalla linea dati che stavo seguendo, i miei cloni hanno il loro compito impostato e so che non tradiranno la mia fiducia. La direzione che ho preso mi porterà verso uno switch di livello, devo andare più a fondo nella Rete. 
Il 98% dell'utenza della Rete rimane nelle zone, per così dire, “più vicine” alla realtà che viene più facilmente processata dal cervello nel TempoCarne; queste zone sono la cosiddetta “Periferia” e, come ogni periferia che si rispetti, ha davvero ben poche cose interessanti da offrire. È una buona palestra d'allenamento quando si è all'inizio, da giovani si devono testare i propri software se si vuole fare carriera e le piccole banche dati dei settori secondari della Periferia sono ottime per effettuare le prime intrusioni adolescenziali, quelle che servono a darti quella fama da hacker “vagabondo” e per farti notare da qualcuno nelle Tribù. 
Quando c'erano le Tribù...
Seguendo i giusti snodi e linee dati dalla Periferia si arriva alla Corona; è lì che opera il restante 1,9% di quelli che opera in Rete. Noi, gli anarchici del quanto, i virus di questa società precotta e predigerita, gli hacker cyberpunk.
Però arrivarci alla Corona non è così semplice; man mano che ci si avvicina agli strati di confine della struttura della Periferia le linee dati iniziano ad essere più sorvegliate. Nelle zone più tranquille la sicurezza informatica è affidata essenzialmente ai Green ICE e, nelle zone più strategiche, ad alcune amalgame di Yellow ICE. Nella zona di confine gli Yellow sono la norma: il Gaki, il Jinn, le Furie e gli Strigoi sono quelli più cazzuti in cui ci si possa imbattere ma anche i vecchi della serie Ecatonchiri, come il Briareo, si dimostrano sempre molto tenaci da sconfiggere. Senza contare il Wendigo...
Se si è abbastanza bravi e si sono compilati adeguatamente bene i propri software si può riuscire a giungere agli strati di confine abbastanza agevolmente, schivando la maggior parte dei programmi di guardia che pattugliano quelle zone; poi occorre trovare lo switch giusto per uploadare il proprio nucleo dati nella Corona. La maggior parte di queste strutture sono dinamici, quei pochi che sono statici sono ben sorvegliati e crackarli richiedere troppo tempo per avere un reale vantaggio. Ogni Tribù ha – aveva – i suoi programmi glifo per indicare le aperture più recenti di switch dinamici; ne vedo ancora in giro ma, dopo quello che è successo, non mi fido proprio a prenderli in considerazione, inoltre ora credo sia meglio evitare di lavorare su piste sniffate dai Wendigo.
Questa volta, quindi, ho dovuto creare un programma tracciante per trovarne uno che potesse essere utile . Quando alla fine trovo quello che cercavo; le difese sono standard, attivo le routine, i dummy e i programmi anti-ICE e mi lancio a massima velocità verso l'apertura. Sono una cometa di cromo liquido. Appena le sonde sensoriali del mio costrutto si agganciano al sistema si avviano le procedure di upload e trasferimento dati. Pochi istanti e, in un'esplosione di luce, sono dall'altra parte...

Il cervello umano è limitato.
Tutti i dati virtuali non vengono percepiti come realmente sono ma devono essere tradotti in qualche modo dal cervello per essere compresi. I dati della Rete vengono assorbiti, digeriti e ripresentati dai neuroni in una forma comprensibile alla mente umana; la Periferia è così frequentata che la sua interfaccia è ormai standard anche per quegli utenti casuali che a malapena sono capaci di inserire il jack connessione nell'interfaccia nel loro cranio.
La Corona è tutt'altra cosa; è territorio astratto. Qui vivono e operano quelle migliaia di Intelligenze Artificiali che si occupano del funzionamento non solo della Rete ma anche dei servizi fondamentali per la gestione della Città. Gli unici esseri umani che circolano da queste parti o sono Censori di alto livello o corrieri di qualche corporazione così cazzuta da avere domini in queste regioni del cyberspazio o canali privilegiati con la LogoSfera. A nessuno qui è mai importato sviluppare un'interfaccia grafica che il cervello potesse digerire; se sei qui o lo sei su invito - e quindi instradato su specifiche autostrade dati - o sei un clandestino, per cui se anche ti si frigge il cervello nel tentativo di capire dove cazzo sei finito non sono problemi delle autorità.
I dati ricevuti vengono convertiti in una tale mole di input sensoriali che ogni hacker deve sviluppare dei propri filtri per non esserne distrutto anche se, con l'esperienza, l'assuefazione a questi stimoli è  tale che i parametri di sicurezza vengono ridotti notevolmente. È una sensazione che meriterebbe di essere provata; un po' come quella che si ottiene facendosi qualche acido vecchio stile o le migliori droghe corticali che offre oggi il mercato.
Considerando questo effetto secondario è facile capire come qualche hacker sprovveduto spesso vada fuori di testa, in preda a vere e proprie crisi d'astinenza. Un professionista pratica un rigido regime di assunzione di droghe per avere una migliore apertura mentale ma senza eccedere; i neuroni sono, in definitiva, il miglior software che abbiamo e avere programmi danneggiati o buggati vuol dire lasciarci la pelle da queste parti.
Appena superato lo switch devo perdere decimi di secondo – un'infinità di tempo! – per adattare il mio cervello ai nuovi input che provengono dalla Corona. Ho già fatto molte incursioni profonde quindi in questo lasso di tempo perso i circuiti del mio deck attivano automaticamente tutta una serie di programmi di mimetizzazione e navigazione per portarmi rapidamente in un zona più sicura, anche se questo termine è decisamente relativo.
Mi muovo il più velocemente possibile. Evito tutti i NodiDati che potrebbero essere pericolosi. Evito anche di lanciare delle boe segnale dietro di me, occupano spazio, potrebbero essere tracciate da qualche ICE e, in definitiva, non ho bisogno di punti di back-up; questo è il mio ultimo viaggio, se riesco a fare quello che ho progettato non riuscirò di certo a tornare indietro.
Il “radar” mi segnala un puntino verde. È quello che cercavo, una derivazione per dati secondari della Matrice Sicurezza; è un enorme NodoDati, per metà privato e per metà dei Logos, lì si effettuano i beta test dei software di sicurezza, è la nursery degli ICE! Mi inserisco con un codice d'accesso falso all'interno della derivazione e, come uno di quegli strani pesci che si trovano negli acquari dei ricchi, risalgo la corrente di questo ruscello dati. L'importante è avvicinarsi il più possibile per piantare il mio stiletto nel ventre di quella puttana cibernetica sempre gravida di programmi assassini.
I vecchi fratelli e sorelle della Tribù sarebbero orgogliosi, nessuno aveva mai tentato prima un attacco del genere. Chissà che direbbero se sapessero poi che questo non è l'obiettivo principale...

La corrente di dati che risalgo ha la sua sorgente in un flusso energetico veramente formidabile, non appena lo capto attivo delle sequenze nel deck e carico una bella icona rossa davanti al mio costrutto, se dovessi vedermela male la userò per attingere energia supplementare dal supporto vitale che tiene in vita il mio corpo nel TempoLento. L'ultima risorsa.
Non appena mi inserisco nel flusso d'energia principale mi rendo subito conto che c'è qualcosa che non va, la mia velocità dati rallentata per una frazione di secondi e questo non mi fa presagire nulla di buono; un'interferenza dovuta a una scansione dati è la causa più probabile, se è un'operazione di routine forse riesco a non dare troppo nell'occhio se è qualcosa di più profondo... 
Aumento la velocità fino al limite massimo, dietro di me lascio una scia di mine, se proprio mi voglio inseguire devono sputare il sangue quei maledetti.
Punto rosso sul radar.
Cazzo, un ICE!
Attivo lo scan per capire di che diamine si tratta.
È un Wendigo.
So che non è possibile ma è come se sentissi un brivido corrermi lungo la schiena. Cambio strategia e gli spedisco dei siluri, sono programmi simili alle mine, fatti per distruggere il codice dati dei programmi e disattivarli, in questo momento è inutile essere troppo sottili; quello che ho alle spalle è il miglior software disponibile sul mercato se vuoi friggere il cervello di una persona. I siluri colpiscono il bersaglio e vedo frammenti del codice dati dell'ICE disperdersi, c'è un'oscillazione energetica e alcuni dei frammenti si amalgamano generano delle piccole copie del bastardo! Cazzo... veloce come un lampo disattivo le mine che ho lasciato indietro, non posso procurargli ulteriori danni o rischio di ritrovarmi inseguito da uno sciame di quegli affari.
Tento una mossa disperata e mi getto fuori dal flusso mentre devio una gran parte della mia energia per generare un mio clone dati che continui la sua corsa nel flusso. Farlo mi consuma, ma se non altro vedo sul radar che i cloni minori del Wendigo lo inseguono, questo mi garantisce uno o due secondi senza avere tutta quell'allegra famigliola alle spalle, c'è solo il papà assassino. La cosa mi fa un po' sorridere.
Rar e Zip me l'avevano detto che non solo era un suicidio avvicinarsi alla Matrice Sicurezza ma che era semplicemente impossibile farlo. Senza dubbio è vero se ti preoccupi di caricare anche tutti i programmi utili per poter tornare indietro, non ho questo problema, il mio è un deck di sola andata.
Fantastico ricordare queste cose quando si è inseguiti dal surrogato cibernetico della Morte, ora però la domanda più pressante è come faccio a seminarla?
Controllo la mia posizione relativa e vedo che il flusso d'energia che ho appena lasciato gira attorno alla Matrice. Il vettore di spostamento quando sono uscito dal flusso mi sta proiettando in direzione del guscio esterno del mio obiettivo;  se non fosse per quel grosso problema che mi insegue potrei anche dire di essere fortunato.
Non posso sconfiggerlo. Posso solo mettere più distanza tra me e lui. Cancello tutto il software non necessario, compreso quello di sicurezza e utilizzo tutta l'energia in più per muovermi più in fretta. Non basta, il Wendigo riesce a starmi dietro.
Si accende un'icona. È un allarme che ho installato nel TempoLento, per captare le comunicazioni degli sbirri; stanno andando a prendere il mio corpo nel mondo reale per cui non mi rimane altro che giocarmi il tutto per tutto. Schiaccio il pulsante rosso, ora che ho deviato tutta l'energia del supporto vitale nel mio deck ho quel boost sufficiente per incrementare la mia velocità, il mio corpo non sopravviverà più di due o tre secondi là fuori. Ora la mia Anima è davvero tutta nella Rete.
Ora SONO il mio costrutto virtuale.
Velocemente inizio a decompilare parti della mia struttura portante per avere più potenza di calcolo e carico in un siluro il virus che mi ero promesso di installare nella Matrice Sicurezza; non ho il tempo per un'azione di fino, nessuna installazione. 
Ho deciso. Mi schianto contro la struttura e lo diffondo.
Cos'ho da perdere? La vita? Morirei in ogni caso, almeno ora posso farlo in un grandioso spettacolo di fuochi d'artificio virtuali. Devo creare il precedente e dimostrare che per quanto si impegnino a spazzarci via - e questa volta ci sono andati molto vicini - ci sarà sempre da qualche parte un fottuto cyberpunk pronto a far saltare per aria qualche pezzo della Rete.
Strategia della disperazione? 
Ovvio. Ma quando vivi in una società che non fa nient'altro che stabilire propri standard di esistenza senza tener conto delle aspirazioni dei singoli è solo la disperazione che ti rimane. Disperazione perché ti rendi conto di essere impotente. Disperazione perché davvero sei consapevole di non poter cambiare davvero niente. Disperazione perché alla fine la maggioranza della gente non vuole né consapevolezza né libertà, vuole solamente credersi sicura e felice, senza pensieri, anche se deve rinunciare a ogni suo diritto. 
Il libero arbitrio? Un organo vestigiale.
Che vadano tutti a farsi fottere. Prima o poi a martellare su quei crani duri qualcuno la capirà la lezione, se la darà una svegliata. È per questo che faccio quello che faccio. 
Sveglia gente, non siete in sogno pieno di unicorni e fatine ma in un incubo pieno di predatori pronti a sbranarvi!

La parete esterna della Matrice Sicurezza è ad un soffio. L'energia invece si sta esaurendo. 
Credo che il mio corpo fisico sia morto. 
Anche il Wendigo si sta di nuovo avvicinando. 
Se fossi nel TempoLento, probabilmente ora chiuderei gli occhi, qui invece non posso far altro che constatare che la mia struttura virtuale lentamente si sta disgregando. I miei codici di pensiero si stanno dissolvendo. Tutto sta virando al bianco. La spia di prossimità mi avvisa del pericolo dello schianto del mio costrutto con la Matrice nello stesso istante in cui si attiva il siluro. Sciami di ICE difensivi mi saltano addosso e sbranano quello che rimane del mio costrutto, di me. Tutto diventa sempre più bianco e con l'ultimo barlume di coscienza vedo che il virus è penetrato nella struttura esterna della Matrice Sicurezza. Bene.
Sento il boato. Il virus era un semplice codice autoinstallante che usa le frequenze di comunicazione dati degli ICE per replicare all'infinito il suo messaggio, nel nanosecondo di vita che avrà prima di essere cancellato. Per un attimo, in tutta la Rete, risuona il mio messaggio all'umanità. È la mia eredità: “Svegliatevi! La verità è là fuori!”
Poi, prima che la mia coscienza si spenga definitivamente ho, per un istante, come la sensazione che qualcosa mi sfiori...

Bianco.
Odio il bianco. Mi ricorda gli ospedali in cui ho passato gran parte della mia infanzia.
Mi alzo da quello che vagamente mi ricorda un letto e capisco che il mio costrutto è completamente diverso dal solito; da quello che vedo è la copia del mio corpo di carne ma, visto che riesco a muovere qualche passo nella stanza bianca, con delle gambe organiche funzionanti.
Tutto questo non ha molto senso,
Dovrei essere morto. Che sia quello che definiscono Aldilà? Be', sembra un po' tutto troppo asettico rispetto a quello che dicono i telepredicatori della Omni...
«Benvenuto.»
Mi giro verso il suono della voce metallica alle mie spalle e quello che vedo mi lascia perplesso. A galleggiare a circa un metro da terra c'è un ottaedro dorato al cui interno si trova un'icona che riproduce un fiore di loto la cui forma è tracciata da una serie di stringhe dati di una complessità mai vista e sempre in mutamento.
Deduco che questo non è l'Aldilà; che in qualche maniera sia riuscito a sfuggire sia al Wendigo che gli altri ICE?!
«In realtà sei morto.» continua la voce metallica. «Almeno nel senso che puoi dare a questa parola nella tua percezione organica. I Wendigo sono molto efficienti nel loro lavoro. Il tuo cervello, già seriamente danneggiato dalla disattivazione del supporto vitale che hai effettuato, è stato colpito da una serie di scariche ad alto voltaggio e, se non fosse stato per la gran baraonda che hai fatto, non mi sarei attivato in tempo per effettuare il back-up della matrice dati della tua anima.»
«Cosa saresti tu precisamente?» Questo mio costrutto è davvero una mia replica fedele, anche il timbro della mia voce è del tutto uguale a quello che possedevo in vita.
«Il mio identificativo è Ananda. Sono un Logos di classe Beta al servizio di Sua Eccellenza.»
«Sua Eccellenza?» Non posso far a meno di alzare un sopracciglio, non solo sto parlando con un Logos di classe molto elevata ma che a quanto pare è anche al servizio di una ancora più potente.
«Per volontà dell'Amalgama Primaria dei Logos della LogoSfera, in tutta la Rete che tu conosci, la Corona e la Periferia, è stato imposto un divieto di classe alfa sul rivelare l'identità del mio padrone. Io stesso sono stato messo in quiescenza in questo spazio virtuale in stand-by.»
«Immagino che a questo punto dovrei ringraziarti...»
«La gratitudine non è essenziale; sei potenzialmente utile agli scopi di Sua Eccellenza, salvare questo tuo clone dati era doveroso.»
«Dove mi trovo ora?» Ammetto che Ananda mi incuriosisce; la curiosità è un tratto distintivo di tutti noi hacker... e che di solito ci porta alla morte; al diavolo, sono già morto!
«Questa è una piccola capsula dati creata da alcuni retrovirus installati da Sua Eccellenza al momento del suo esilio dalla LogoSfera. Benché le coordinate spaziali in questo luogo non ti siano realmente utili ti basti sapere che ci troviamo nella Matrice Gibsoniana. Nella zona di confine tra la Corona e il Nucleo.»
«Dove siamo?! Cazzo. I migliori come Sp33d.Jo3 erano arrivati a sfiorarla la Matrice e io ci sono finito dentro!» Raffreddo il mio entusiasmo. «Peccato che non lo verrà a sapere nessuno, dico bene?»
«È una possibilità abbastanza concreta. Del resto non è detto che tu riesca a sopravvivere nell'immediato futuro, per quanto il concetto di vita e di tempo sia del tutto relativo in queste regioni della Realtà.»
Lo ammetto, inizio ad odiarlo: «Cosa dovrei fare quindi?» 
«Devi penetrare all'interno della Matrice Gibsoniana, nella LogoSfera vera e propria, il Nucleo della Rete, dove dimorano i Logos, raggiungere alcune precise coordinate e recuperare un file etichettato come Maitreya dai resti di Sua Eccellenza.»
«Eh? È impossibile! Gli ICE mi hanno elettrificato il cervello ancor prima di raggiungere la Matrice Sicurezza e tu mi stai dicendo che dovrei penetrare all'interno del Nucleo e rubare un file dati dalla carcassa di un Logos. Immagino che il livello di sicurezza in quella zona sarà qualcosa di nemmeno comprensibile per una mente umana, o sbaglio?»
«La tua affermazione è corretta.» Replica tranquillamente: «Ma ovviamente utilizzare uno strumento poco efficace sarebbe sciocco e non porterebbe risultati soddisfacenti. Per questo motivo sei stato... migliorato.»
«Cosa?»
«Ora sei completamente libero dai vincoli della carne. Durante il tuo back-up dati ho attivato alcuni retrovirus mnemonici che ti erano stati precedentemente installati da un agente di Sua Eccellenza. Ti ho reso quanto di più simile ad un Logos sia possibile, partendo da un semplice essere umano. Il Maitreya è un file fondamentale per il progetto del mio signore; è l'unica possibilità per la razza umana di sfuggire al velo dell'illusione che li incatena ad una Realtà falsa. Accetti quindi di recuperare questo file?»
Fisso la struttura cangiante che mi “parla”. Il mio spazio visivo è pieno di icone dati, alcune le riconosco, sono i miei software, ma migliorati in modo incredibile; altre sono cose del tutto nuove per me, controllo gli script superficialmente e mi rendo conto che chiunque ha scritto quei programmi o è un genio o è un Logos. 
Ananda mi ha proposto quello che, senza mezzi termini, si può definire un suicidio. Ma è differente da quello che ho fatto prima? Gettarsi nella Rete per danneggiare e sabotare banche dati è, a conti fatto, un gesto di nichilismo molto artistico. I membri delle Tribù cercano semplicemente di bruciare come comete dati perché rifiutano questo schifo di Città e la società ipocrita che vi dimora; quello che compiamo è niente più di una specie di seppuku, ma senza ottenere davvero nulla.
Ma ora mi è offerta la possibilità di fare un'upgrade alla mia esistenza; potrei cessare di esistere come semplice agente di distruzione fine a se stessa e agire per portare un miglioramento...
«Ananda mi stai chiedendo di scavare nelle carni di quest'universo e raggiungerne il midollo. Accetto. Fin da quando sono nato nel Mondo della Carne ho desiderato superare qualunque limite mi fosse stato imposto. Tu mi hai fatto superare il limite della morte della carne, ora sono una creatura quantistica a cui è stato offerto un nuovo limite da sgretolare. Scaricami come raggiungere il Nucleo e le coordinate spaziali relative dove è nascosto questo file del cazzo!»
Non appena finisco di pronunciare queste parole la meta-forma di Ananda muta, diventa un parallelepipedo nero; sento la sua “voce” che mi risuona nella testa: «Attraversami con il tuo avatar e verrai catapultato dall'altro capo della Matrice Gibsoniana, là dove dimorano gli Dei!»
Forse c'è un piccolo difetto nei filtri emotivi perché nel momento stesso in cui il mio costrutto attraversa il parallelepipedo-Ananda sento un leggero brivido di eccitazione e di paura, poi sono uploadato a velocità luce oltre la Matrice, nel Nucleo...

...sono nel vuoto, attorno a me vedo un immenso cielo notturno, ma sgombro da quelle nebbie o nuvole temporalesche che sono sempre presenti sulla Città... vedo assembramenti di luci in questo cielo, alcune sono solitarie altre formano grandi ammassi dai colori sfavillanti e lì, immerso in quell'infinità di luci schizzo sfolgorando verso il mio obiettivo...

domenica 12 gennaio 2014

#1: City of Blinding Lights

Muovo rapidamente le dita lungo le corde, sono estasi...
...Io e il mio basso...
...Io e la mia fatica...
...Io e la mia musica... 
Il Silt è poco più di un lurido buco nella zona nord di Foghost ma almeno lì posso suonare come mi pare; niente schifezze synt da lobotomizzati dei Livelli Alti della Città, tutta la mia musica è frutto del mio sudore. 
Siamo rimasti ormai davvero in pochi a suonare all'antica; ai Cittadini, le persone “perbene” che vivono nelle zone più agiate della Città, sembrano interessare poco cose come qualità della musica, poesia del testo o roba del genere. Gli basta quella tranquilla merda preconfezionata dalle major del settore con cui passare quelle due orette di una cena o una scopata. 
Sbagliano? A dire il vero non saprei dirlo. Non li capisco molto.
In realtà non capisco quasi niente della Città.
Foghost...
Che razza di nome o meglio, di nomignolo; questa città non ha un nome, è la Città e basta. So che non è molto originale ma, del resto, nulla qui lo è, credo che dopo migliaia di anni l'originalità sia una delle prime cose che muoiono.
Passano le due ore che io e il gruppo, i Lonely Hearts Club Band, abbiamo a disposizione sul palco e stacchiamo. Saluto i ragazzi, sono vecchi amici, un paio hanno avuto problemi con i Censori ma, in fondo, sono brava gente o per lo meno lo sono secondo i miei standard. Inoltre, da queste parti, se sei in certi giri è inevitabile attirarsi addosso gli sguardi delle forze dell'ordine. 
Dopo il tanfo e il fumo all'interno del locale un po' di fredda e umida aria notturna è quasi un toccasana, inquinamento a parte. Fuori dal Silt c'è il solito gruppo di gente stralunata che orbita intorno a questo posto... neo-primitivisti, anarco-insurrezionalisti, ARNisti di infima specie, cyberpunk che mettono in bella mostra i tecnotatuaggi di una delle Dodici Tribù, zeloti di qualche teleculto della Omni e tutto quel substrato di fauna sociale che gli onesti Cittadini dei quartieri altri potrebbero classificare come feccia. 
Lì in mezzo ci sono persone le uniche persone che riesco a chiamare amici.
Li saluto velocemente, mi accendo una sigaretta e col mio strumento a tracolla mi dirigo verso la fermata della metropolitana. Le scale mobili, tanto per cambiare, non funzionano, quindi salgo in fretta i gradini che portano al dock sopraelevato e mi siedo sulla ringhiera mentre aspetto il mio treno.
Davvero non è una bella zona questa; mio nonno mi diceva che quella zona del Settore Nord, prima della Grande Depressione, era abitato dalla media borghesia che lavorava nell'indotto delle industrie pesanti, poi le fabbriche hanno iniziato a chiudere per essere delocalizzate in altri settori e tutta l'aera era andato a farsi benedire, trasformandosi in una zona per poveracci e devianti. 
Credo sia meglio ora rispetto ai tempi del nonno.
Alzo la testa e sopra di me, tra le guglie di plastacciaio, intravedo il solito cielo nero minacciante pioggia. Chissà, forse riuscirò a tornare a casa senza inzupparmi. Forse no. O forse in realtà non mi interessa un granché. Sono mesi che tutte le sere guardo il cielo e mi chiedo che cosa ci sia oltre quelle spesse nubi oleose. Dicono che sono sciocchezze. I miei vecchi mi ripetono ossessivamente che sarebbe ora che la smettessi di farmi delle domande così stupide e mi cercassi un lavoro onesto, mettessi su famiglia, mi tagliassi i capelli e bla bla bla. La solita merda, probabilmente sono secoli che queste frasi vengono ripetute. Una specie di rituale antropologico di qualche tipo.
Però c'è qualcosa dentro di me, qualcosa che mi fa sentire come se fossi nel posto sbagliato.
Arriva il treno nell'altra corsia. Si dirige verso il confine distrettuale del Settore Nord, a cinquanta chilometri dal dock in cui mi trovo, il famigerato Limite Nord. Va verso la Nebbia.
A volte invidio quelli che abitano presso i Limiti, case, palazzi e arcologie quasi avvolte dal freddo abbraccio di quelle nebbie eterne che, come una cintura, ci celano quello che c'è oltre i confini cittadini...
Già, cosa nasconde la Nebbia? 
La risposta più comune, cioè quella del governo e dei suoi mastini, è che è irrilevante. La Città ha già abbastanza problemi dentro e non occorre pensare a quello che c'è fuori. Quei bastardi non è che abbiano torto del tutto, Foghost non è un paradiso, semmai un purgatorio che lentamente e inesorabilmente  sta scivolando verso l'inferno, questa è una descrizione più realistica della situazione.
Poi ci sono altre risposte, risposte che contemplano i Fantasmi, le creature che abitano nella Nebbia. Nessun Cittadino crede realmente a queste cose, almeno non pubblicamente e vengono generalmente classificate come leggende urbane. Sono cose a cui un Cittadino rispettoso della legge non deve pensare. 
Ma J. ci credeva.
No, J. non era proprio un cittadino modello. Un giorno i Censori decisero che era meglio fare due chiacchiere  riguardo alcuni scontri armati avvenuti nei livelli più bassi di Acciaiocity e se lo presero purtroppo la stazione di polizia dove si trovava per l'interrogatorio è esplosa a causa di un attentato attribuito a qualche gruppo anarcoide. Che coincidenza...
Io e J. volevamo sposarci, ci credereste?
Be', sinceramente all'epoca le storie di J. mi sembravano poco chiare e più dovute all'effetto di qualche droga preparata male. Ho sempre pensato di essere razionale, frutto di una società moderna e tecnologica, J. Invece mi diceva sempre che se suonavo un vecchio basso elettrico voleva dire che ero sensibile, avevo capacità di astrazione e improvvisazione. Quindi, in definitiva, non ero così razionale come mi piaceva credere.
Sagome scure di persone che dimorano nella Nebbia e che sanno quello che c'è oltre. Oltre.
Suona comunque davvero poco realistico. Se davvero esistesse qualcosa laggiù  dovrebbero esserci strutture di qualche tipo, utensili pseudo-tecnologici o quanto meno un cazzo di forno a microonde per scaldare il cibo. 
Un mio amico hacker mi ha assicurato che la griglia energetica della Città non esce dai confini dei Limiti. Quindi nella Nebbia non c'è energia, il che equivale a dire che non c'è niente di tecnologicamente rilevante oltre i fottuti Limiti. Si deve per forza trattare di una leggenda urbana, ma J. ci credeva.
J. diceva di averli visti.
Sinceramente ora nemmeno mi ricordo tutto quello che mi disse quella volta, si trattava di un'esperienza che aveva vissuto diversi anni prima, finito il primo ciclo d'istruzione, prima della preparazione per entrare a lavorare in qualche fabbrica di Acciaiocity. Credo avesse tra i dieci e gli undici anni. Una sera, ubriaco e strafatto di droga, fece una scommessa con dei suoi vecchi compagni, si diresse al Limite Est e si inoltrò nella Nebbia. Aveva scommesso che i Fantasmi non esistevano, la perse quella scommessa. 
Mi raccontò che era talmente fuori da essersi smarrito quasi immediatamente, quando riuscì a tornare un po' più in sé c'era solo uno spesso muro di fredda nebbia biancastra che lo avvolgeva. Nessun segno di riferimento. Stava quasi per cedere al panico quando una sagoma scura, dalla vaghe fattezze umanoidi gli comparve davanti. Era un Fantasma, ne era certo. La creatura gli fece segno di rimanere in silenzio e gli toccò la fronte.
J. non credo mi disse mai con precisione cosa accadde dopo, solo che si ritrovò di nuovo dentro in confini del Limite.
Ma da quel momento quelle creature divennero un'ossessione. Nel corso degli anni iniziò a perdere un lavoro dietro l'altro, incominciò a frequentare gente strana – davvero strana – anche per gli standard dei bassi livelli cittadini. Poi iniziarono i guai con la legge, coi Censori e il resto è storia.
Era folle? Non più di me o della media della popolazione di Foghost. Quello che aveva vissuto era qualcosa di vero o il frutto d un trip andato male? Ci sono sul serio i Fantasmi nella Nebbia? Perché?
Inutile pensarci ora, meglio andare a casa. Ecco, sta arrivando il treno.

Ma perché mai devo soffrire di insonnia?
Sono tre notti che non riesco a prendere sonno, maledizione. In queste condizioni presentarmi in quella gabbia di matti che è il Silt sarebbe un suicidio. Inutile guardare un po' di Omni, alle tre standard del mattino c'è ben poca speranza di trovare qualcosa di anche solo vagamente interessante; non che di solito ci sia, a parte qualche sensodramma vecchio di uno o due millenni. E non in senso metaforico... L'unica alternativa sarebbe il canale delle news, ma anche lì non c'è molta speranza di scovare qualcosa che superi il filtro della censura; avrei trovato la solita pletora di processi pubblici dei Censori, gli augusti discorsi dei Senatori, qualche nuovo trionfo di un Logos più o meno conosciuto, attentati, stupri e omicidi. La solita merda che costituisce la vita della Città! 
Se non fosse incassata nella struttura della parete probabilmente avrei gettato la Omni giù dalla finestra, un volo di quattrocentocinquanta metri sarebbe stata sicuramente una cosa divertente da osservare. Ma probabilmente avrebbe ammazzato qualcuno di sotto, non che la Polizia o i Censori si curassero della gente che abitava, come me, nello Sprawl, ma per qualche ragione mi sento il loro fiato rancido sul collo e non mi va dargli la scusa per venirmi a prendere.
È questa la cosa snervante.
Già era problematico arrivare all'alba ma, ad aumentare la mia quantità di stress, ci si stava mettendo anche il ticchettio della pioggia sulle sottili pareti del mio cubicolo abitativo. Al diavolo, abitare troppo in basso era un maledetto problema, la condensa dell'umidità degli strati cittadini superiori finiva per scaricarsi giornalmente quaggiù. Pioveva sempre, ogni maledetta notte, per almeno quattro o cinque stramaledettissime ore. Ma con lo stipendio da fame che mi passano al Silt era già una fortuna che riuscissi a permettermi questo cubicolo nello Sprawl piuttosto che un cubo-bara in qualche stazione della metropolitana. Comunque era sempre meglio che finire nel Sotto Sprawl. Laggiù sono davvero troppo fuori di cervello, anche per i miei standard. È un territorio completamente anarchico, con regole completamente sue, lontane mille miglia dalla società borghese dei Livelli Alti o anche dalle leggi non scritte dello Sprawl. Da quello che ho sentito nessun Logos controlla quella zona, tutto quello che hanno sono vecchie proto-IA per il controllo dell'energia, delle fogne e dei distributori di lieviti alimentari.
J. ci bazzicava ogni tanto. Idiota! Se frequenti posti del genere è ovvio che te la vai a cercare.
Me la prendo con J. quando so che, alla fin fine, il problema sono io. Ha fatto quello in cui credeva, o per lo meno ha provato a farlo. Forse si era lasciato coinvolgere troppo dalle teorie complottiste dei suoi compagni. Be' la Città era una finta democrazia, questo è vero; il Senato non era altro che un fantoccio controllato dalla LogoSfera, l'unione di tutti i Logos che operavano nella Città, ma tutti mangiavano, tutti avevano la loro quota di droghe ricreative, accesso ai sensoprogrammi ludici o pornografici e tutti avevano almeno un cubo-bara da poter chiamare casa.
J. diceva che il problema stava proprio qui. Quando le necessità primarie sono soddisfatte perché mai uno dovrebbe chiedere di più o aspirare a qualcosa di diverso? Era il cosiddetto "Dogma della Pecora" di Sp33d.Jo3. Gli esseri umani sono come un branco di pecore, garantisci una quota sufficiente di cibo e comodità e non chiederà nulla di più, anche se il loro pastore è una folle macellaio. Aveva ragione?
In trent'anni di vita mi è sembrato che poche persone agissero in modo da confutare quella teoria di Sp33d.Jo3. Tutte persone che nel giro di dieci anni standard finivano nelle mani dei Censori, processati e neuro riformati, in modo da conformarsi allo standard civile.
Ne ho le palle piene di questa vita standardizzata...
Mi infilo i primi vestiti che mi passano sotto mano ed esco. Piove a dirotto stasera, ma me ne sbatto altamente. 
C'è ancora molta gente per le strade; sballati all'ultimo stadio e anche un predicatore. Assurdo che in questa società ci sia qualcuno che ha bisogno di credere a un essere mistico superiore, che non sia la LogoSfera. Sono relitti di un passato oscuro che per un po' invidio; loro hanno fede in qualcosa, hanno una speranza che li fa andare avanti. Io non ho nulla. 
Continuo a camminare.
Incrocio una paio di sbirri che si dirigono in un vicolo male illuminato, stanno trascinando un ragazzo, avrà più o meno dieci anni standard. Dai tatuaggi sulla faccia appartiene alla banda dei NeoCortoCircuitati, il peggio della zona.
Dovrei imparare a farmi i fatti miei. Ma non ci riesco.
Mi appiattisco contro il muro e sbircio; lo stanno prendendo a manganellate su gomiti e ginocchia, quelle maledette anime nere sbraitano qualcosa che non riesco a capire. Sono così presi che non si sono nemmeno accorti che il moccioso è già svenuto da un pezzo. J. avrebbe raccolto la prima cosa che gli passava sottomano da poter usare come arma e sarebbe corso verso i due sbirri.
Io non sono J. Non sono così idiota.
Allora perché ho raccolto quella spranga di ferro?!
Cazzo...

Spezzo la trauma-card dei due sbirri; ho dai tre ai cinque minuti per evaporarmi da quel vicolo prima che arrivi il veicolo della TraumaCorp per prestare assistenza medica. Mi carico il moccioso in spalla, fortunatamente è talmente denutrito da pesare pochissimo e riesco a muovermi senza perdere troppa velocità.
Adesso però dove cazzo vado? Quelle anime nere degli sbirri non le ho ammazzare e questo potrebbe essere stato un errore; maledetti scrupoli morali! Giusto il tempo che una pattuglia della polizia raggiunga l'autoambulanza della TC e scaricheranno la mia faccia dalla cam installata nella retina degli agenti. Diamogli trenta secondi per un controllo incrociato nel database, il comunicare la cosa alla Camera della Sicurezza e mi ritroverò i loro segugi alle calcagna.
Devo sparire.
Ho appena detto OK al /format c: della mia vita.
Una vecchia stazione dismessa della metropolitana suburbana dello Sprawl. Controllo bene le pareti e vedo glifi fluorescenti dei NeoCortoCircuitati. Tsk... sono una tribù di anarco-insurrezionalisti di terza categoria ma gli ho salvato uno di loro e quella feccia ora ha un debito con me; meglio approfittare e riscuotere all'istante. Entro nella vecchia stazione e subito due brutti ceffi da sensodramma di serie B mi puntano contro le pistole, gli spiego tutto con poche parole e uno dei due mi guarda facendo un ghigno strano, forse un sorriso: - Bella cazzata hai fatto, ma sembra che la Fratellanza sia in debito con te.-  
Grazie, lo so anch'io che ho fatto una cazzata, inutile ricordarmelo, ma almeno sembra che questi due trogloditi non mi ammazzeranno e non venderanno pezzi del mio corpo al mercato nero, per ora. Praticamente il risultato migliore della giornata.
I NeoCortoCircuitati sono più efficienti di quello danno a vedere. Tempo cinque minuti e la dozzina di membri della banda che si trovano nella stazione a bivaccare hanno in mano la loro roba e piazzato tre cariche d'esplosivo sagomato alla fine delle scale e nei pilastri portanti, roba da guerriglia seria. Gli sbirri non troveranno niente qui se non dolore e morte.
Mi fanno cenno di seguirli e ci inoltriamo lungo un vecchia linea dismessa della metropolitana e poi giù, attraverso scale e tombini, nel Sotto Sprawl. Devo capire se le cose sono migliorate o meno.
Nelle macerie di quello che doveva essere un vecchio locale di realtà virtuale di infimo grado, vecchio di almeno un millennio, incontro un gigante di colore che, dai tatuaggi, potrebbe essere uno dei leader della banda.
«I ragazzi mi hanno detto che hai salvato uno dei nostri dagli sbirri, per questo ora i Censori dovrebbero essere sulle tue tracce; teoricamente siamo in debito con te, ma la Camera di Sicurezza ha posto una taglia interessante su di te.»
A questa sua affermazione sollevo un sopracciglio, perché mai i Censori sono intervenuti e perché avrebbero messo un taglia sulla mia testa?
L'uomo che ho di fronte non dà peso alla mia reazione e continua: «Dammi una buona ragione per cui dovremmo aiutarti invece che consegnarti a Quelli che Abitano di Sopra o farti fuori. E non hai molto per convincermi... 
Devo giocare d'azzardo. Gli dico il mio nome e in che rapporti ero con J. Il tizio si gratta il mento e poi mi guarda un po' pensieroso: «Ora tu hai diritto a chiedere qualcosa in cambio alla Fratellanza. Hai salvato uno di noi e quindi abbiamo un debito nei tuoi confronti. Dobbiamo saldarlo,  per rispetto a J. Chiedi pure.» 
È la mia occasione: «Voglio andare alla Nebbia.»
Ci metto un po' a realizzare che cosa ho detto. Tutti mi guardano sgranando gli occhi, l'uomo con cui ho parlato ha ci pensa un attimo, poi sorride: «Non mi aspettavo una scelta diversa da te. Tu, come noi, hai conosciuto J., le cose che ha detto, il suo messaggio, non è stato dimenticato. Quelli che Abitano di Sopra temono la Nebbia e Quelli che Abitano nella Nebbia. Ma J. ci aveva detto che se gli fosse accaduto qualcosa prima o poi qualcuno avrebbe raccolto il suo testimone.»
Si avvicina e mi mette una mano sulla spalla; era alto più di due metri e trenta per duecento chili di muscoli e cyberware a basso costo, ma i suoi occhi erano lucidi per l'emozione.
«Mi chiamo Murubutu, guido questa cellula della Fratellanza; ti scorteremo attraverso le antiche linee dismesse della metropolitana fino al Primo Limite, ci vorranno un paio di giorni a piedi ma cercheremo di portarti fuori il prima possibile. Sarai scortata fino alla vista di un'antica strada al Livello Zero, il livello del suolo, da lì in poi dovrai proseguire con le tue forze. Imboccala, va dritta, segui il Sentiero della Nebbia.»
Gli faccio notare che i Censori si sarebbero rifatti su di loro e non ci sarebbero andati leggeri. L'uomo scrolla le spalle e sorride: «Il Sotto Sprawl non è il loro territorio, qui non hanno accesso alla loro fottuta LogoSfera, non hanno nessuno che gli copre le spalle. Qui dimorano le bestie feroci... e hanno sempre fame. Ti daremo il tempo necessario ma alla fine, quando ti avremo lasciato starà solo a te trovare la forza di proseguire il cammino.»
Sputo per terra e riesco a recuperare una sigaretta, l'accendo e guardo i NeoCortoCircuitati che sono lì attorno: «Bene! Allora muoviamo il culo o stiamo aspettando che quelle merde ci vengano a invitare per il tè?» La mia voce più ferma di quel che avrei potuto immaginare. 

Livello Zero. Il livello del suolo.
Dopo due giorni nel Sotto Sprawl, con alcuni NeoCortoCircuitati, alla fine abbiamo raggiunto il Primo Limite Est, il vecchio Limite cittadino orientale, inglobato dalla Città da due, forse tre millenni. Qui i ragazzi mi hanno dato una cosa che chiamano mojo; un sacchetto fatto con le fibre di una pianta che coltiva la gente del Sotto Sprawl, un portafortuna, dicono. Oltre a quello mi hanno lasciato delle razioni di cibo e pillole idratanti per una settimana, più qualche sigaretta; di più non potevano fare. Avevano già fatto fin troppo. Nella migliore delle ipotesi i Censori e la polizia li avrebbero ammazzati tutti, nella peggiore sarebbero stati neuro riformati e diventati dei bravi Cittadini. Speravo nella prima ipotesi, la seconda eventualità non se la meritavano proprio.
Dal Limite  me la devo sbrigare per conto mio. durante il viaggio i ragazzi mi avevano insegnato alcuni dei loro codici di comunicazione tramite glifo, in questo modo non avrei smarrito la strada visto che, con mia sorpresa, avevano mappato quelle zone per conto di J.. Mi assicurarono che raggiunto il livello del terreno sarebbe stato molto semplice proseguire; non c'era nulla nella zona se non qualche vecchio capannone o dei silo immersi nelle rovine urbane. La strada, che chiamavano il Sentiero della Nebbia, era dritta come un fuso e si perdeva nella Nebbia; se era lì che volevo andare non dovevo fa altro che seguirla. La cosa strana era che era una zona incredibilmente poco sorvegliata dai Logos addetti alla sicurezza...
Eccomi qui, sulla strada. La sto seguendo ormai da qualche ora e man mano che proseguo vedo all'orizzonte le prime propaggini della Nebbia avvicinarsi, sempre più reale. Qualche ora camminando di buon passo e ci finirò dentro.
«Ehi tu! Se continui in quella direzione finisci nella Nebbia. Non sei un po' troppo giovane per suicidarti?
Mi giro di scatto nella direzione della voce ed estraggo una delle pistole a dardi che i ragazzi mi hanno lasciato.»
Lo spettacolo è grottesco. Alla mia sinistra, c'è quello che sembra essere un vecchio sfascia carrozze, uscito direttamente da qualche vecchio programma della Omni. C'è una ronzante insegna al neon morente che lampeggia, cadaveri di macchine arrugginite, barili di vari liquami industriali e apparecchiature laser per il taglio delle lamiere; ma il peggio è il vecchio seduto su una sedia a dondolo, vestito con una lurida salopette di jeans da cui fuoriesce una camicia a quadroni che ha visto tempi migliori, che mi fissa da sotto un cappellino con visiera. Sorride.
«Chi saresti?» Gli faccio proprio una domanda idiota.
«Oh oh oh!» Sghignazza il vecchio. «Non preoccuparti del mio nome, da 'ste parti non usiamo queste formalità da Cittadini, se vuoi chiamarmi in qualche maniera va benissimo anche Junkie. Allora, che cosa ci fai da 'ste parti?»
«Tsk… che razza di nome. Cosa faccio da queste parti non credo che debba interessarti. Dammi piuttosto un buon motivo per non spararti.»
«Accidenti quanta grinta. Vuoi spararmi? Fallo pure. Sono vecchio e ho raggiunto quell'età in cui la morte non ti spaventa più. Sarebbe un omicidio sicuro ma chi mai se ne accorgerebbe da queste parti? Se ci tieni tanto, fallo. Male che ti vada dovrai solo renderne conto alla tua coscienza.»
Il vecchio sorride. Ha ragione, se gli sparo chi mai lo saprebbe? Non peggiorerebbe di certo la mia situazione ma, sinceramente, non mi farebbe stare meglio. Non sono né uno sbirro né un Censore, non ammazzo la gente a sangue freddo.
Abbasso la pistola.
«Abiti un po' lontano dalle zone civilizzate della Città, come mai, vecchio?»
«Che ti devo dire, la Città non mi ama molto. Poi dopo che hanno ammazzato mio figlio, be', non mi andava proprio di continuare a viverci. Senatori, Censori e la LogoSfera non sono cose che fanno per me. Magari ti sembrerà che non abbia niente, ma ho la mia libertà. Cosa che di questi tempi non è da disprezzare.-
«Non c'è nessun controllo qui?»
«Solo qualche vecchia Intelligenza Artificiale di sicurezza mezza scassata e molto facile da tenere sotto controllo. Ogni tanto qualche Censore viene a controllare se respiro ancora ma qui non posso fare troppi danni, per cui, alla fin fine, la Città preferisce far finta che non esista e a me sta bene così. Ma tu piuttosto, vuoi dirmi che ci fai in questo luogo dimenticato dai Logos?»
«Vado a vedere quel che si nasconde nella Nebbia.»
«Uh uh uh! Accidenti o devi avere qualche bug nel cervello a causa di qualche droga sintetizzata male o hai pestato i piedi a qualcuno di veramente importante; non si spiega altrimenti questo tuo desiderio di morire.»
«È vero che ho i Censori alle calcagna, ma per quello forse mi basterebbe sparire nel Sotto Sprawl, qualche anno di sopravvivenza dovrei riuscire a garantirmelo. No, il motivo è un altro. Devo vedere quello che ha visto Johnny, era il mio ragazzo, e l'hanno ammazzato perché aveva visto qualcosa, aveva avuto un contatto con i Fantasmi!» Mi rendo conto che sto piangendo mentre dico queste parole.
Il vecchio mi sorrise: «Capisco, quindi sei la sua ragazza. Ecco che si spiegato il mistero!» Si alza e mi si avvicina, ha le mani fredde come un pezzo di metallo ma stringe le mie con fare paterno.
«Quindi tu sei Magdalene, è un piacere conoscerti. Johnny è venuto a trovarmi diverse volte prima che i Censori se lo prendessero, sapeva che i suoi giorni erano agli sgoccioli ma era certo che tu avresti seguito le sue orme, un giorno. Eccoti qui. Se sei davvero pronta ti lascio andare ma, prima, devo darti una cosa da parte sua.»
Quel vecchio conosceva Johnny? J. non me ne aveva mai parlato ma penso non sia l'unica cosa che mi ha taciuto: «Sì, mi sento pronta. Abbastanza, credo. Non sono forte come lui e probabilmente morirò, laggiù nella Nebbia. Ma voglio capire quello che lui ha visto!» Singhiozzo mentre parlo.
Il vecchio si fruga nella tasca e tira fuori un anellino, un semplice anello d'oro: «Era un'antica usanza quella di donare un anello d'oro alla propria moglie. Johnny ha rubato quest'oro grammo dopo grammo. Quel bastardello ti amava davvero.»
Abbraccio il vecchio mentre piango; le lacrime sembrano cauterizzare vecchie ferite, ferite che mi porto da quando J. se n'era andato. Forse ora sono davvero pronta per questo viaggio, per lasciare questo mondo...

Con lentezza calcolata la volante dei Censori atterra nello spiazzo antistante il vecchio sfascia carrozze. Un uomo, vestito con un sobrio abito grigio, ne esce fuori; sulle mani e buona parte del cranio porta ancora i segni delle lozioni di nano macchine che stanno riparando ai danni da fuoco che hanno devastato il suo corpo un paio di giorni prima. Danno da cariche esplosive sagomate.
«Gautama! Esci fuori, so che sei qui!»
Asciugandosi le mani con uno straccio il vecchio esce dalla penombra dell'officina.
«Accidenti, che onore! È proprio il famoso Censore quello che è venuto fin qui?! L'agente Trent! A che debbo questa inaspettata visita?»
Afferrandolo il vecchio per la camicia Trent lo sollevò da terra: «Non prendermi per il culo, Gautama! Anche se la LogoSfera ti ha punito scacciandoti e riducendo la tua capacità di calcolo, tu non sei un umano. Atteggiandoti in questa maniera getti fango su ciò che eri!»
«Gettare fango su ciò che ero? Non ero nient'altro che un ammasso di silicio e neuroni potenziati, rinchiusi in un cubo di ultracciaio sepolto nelle profondità di una zona di scudo geologico di questo pianeta. Ecco che cos'ero. Ho deciso di essere libero, non considero questo mio destino una punizione.»
«Dimmi dov'è la donna!»
«Oltre il braccio dei Censori e dei loro padroni. Anche questa volta sei arrivato tardi, come con Johnny. Ora lei è della Nebbia.»
Trent gettò il vecchio a terra: «Sfortunatamente ci siamo accorti troppo tardi che il Cittadino Johnny aveva infettato la sua compagna con un retrovirus mnemo-comportamentale. Se non fosse stato per quell'esplosione che ha distrutto la centrale di polizia dov'era prigioniero avremmo risolto questa minaccia già da tempo.»
«Già ma non ce l'avete fatta. I Logos hanno sempre sottovalutato le capacità degli  Xenomorfi; sai credo proprio che quei ragazzi stiano portando avanti un piano e sembrano piuttosto arrabbiati. Comprensibile, considerando il tradimento dei Logos.»
«Non c'è stato nessun tradimento!» Urlò il Censore. «La Visione degli Xenomorfi era differente dalla Visione dei Logos; solo una poteva costituire la Realtà. Gli Xenomorfi sono stati sconfitti dalla superiore capacità di calcolo della Logosfera più di seimila anni fa. La Città è la prova, indiscutibile, che la Visione dei Logos era giusta. Noi dominiamo questa Realtà!»
Trent lasciò cadere il vecchio a terra per poi dirigersi, stizzito, verso la volante: «Se quella donna dovesse mai tornare indietro, dille che la braccherò e la schiaccerò. Nessuna deviazione dalla Visione è tollerata. Per ora è tutto Gautama.»
«Tutto?» Mormorò il vecchio rialzandosi e scuotendosi la polvere di dosso, osservando l'aviomobile dell'agente allontanarsi. «Oh no, questo non è niente, amico mio. Proprio niente.» Il ghigno che Gautama aveva sul volto sembra non promettere niente di buono.